Letture:
Is 22,19-23
Sal 137
Rm 11,33-36
Mt 16,13-20
Carissimi fratelli e sorelle,
in queste domeniche stiamo seguendo Gesù che sta andando a Gerusalemme per il compimento pieno della sua missione attraverso il mistero della Sua passione, morte e risurrezione. Il cammino di Gesù va ormai verso il suo compimento e, dopo aver compiuto molti segni e aver fatto molto discorsi, ecco che il Signore sente l’esigenza di compiere insieme ai suoi un momento di verifica. C’era il concreto pericolo, infatti, che la gente, vedendo i tanti prodigi e segni, si facesse un’idea sbagliata di Gesù, quasi fosse un guaritore o una sorta di “mago”, e la sua messianicità fosse di tipo politico e sociale.
Ecco allora la domanda rivolta ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il figlio dell’uomo?” Le risposte che i discepoli danno a Gesù riferiscono ad una idea che la gente si era fatta che non era certamente chiara, ma che portava alla base un grande equivoco: chi dice che sei Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti. Le risposte che i discepoli riferiscono fanno intendere che le folle hanno equivocato sulla sua identità: esse cercano un liberatore, un uomo potente che risolva i loro problemi, anche politici e sociali. A questo avevano pensato soprattutto dopo alcuni segni grandiosi, come ad esempio la moltiplicazione dei pani, che abbiamo visto proprio qualche domenica passata.
Ma Gesù aveva fatto questa domanda per introdursi in un discorso molto più serio e che riguarda tutti i discepoli, quelli di allora e quelli di oggi, che siamo noi: “Ma voi, chi dite che io sia?” Quindi in questa domenica noi tutti siamo chiamati a rientrare in noi stessi, a sentirci seriamente provocati da questa domanda e a dare risposte non scontate.
Pietro, interpretando il pensiero di tutti quel giorno ha risposto: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente.” Una professione di fede chiara e decisa, che ha già prodotto alcune scelte di vita forti che Simon Pietro aveva fatto e lo coinvolgerà ancora per tutto il resto della sua esistenza. Ma una fede che, come vedremo nel prosieguo degli eventi, soprattutto nei momenti terribili della passione del suo maestro, avrà bisogno ancora di purificarsi e trovare la sua essenza vera. Gesù gli rivolge una lode davvero entusiasmante: “Beato te, Simone, perché né la carne, né il sangue ti hanno rivelato quello che ora hai detto, ma il padre mio che è nei cieli”.
Con queste parole Gesù dice a Pietro e a ciascuno di noi oggi che la fede non è mai una nostra conquista o il frutto di un nostro ragionamento, ma è e resta sempre innanzitutto un dono di Dio Padre. Un dono che ci è dato senza alcun nostro merito. Un dono perciò di cui certo mai vantarsi, ma da accogliere ogni giorno di più con grande senso di gratitudine e di responsabilità. Beato è Pietro, Beato è ciascuno di noi se sempre riusciamo ad avvertire accanto a noi la presenza esigente, mai scontata di Gesù che ci incontra a “tu per tu”, ci guarda negli occhi e ci chiede: “Chi sono io per te?” Che equivale a dire: “Quanto conto io nella tua vita? Che cosa sei veramente disposto a fare per me, per testimoniare nel concreto delle scelte che giorno per giorno sei chiamato a fare che io sono davvero il centro della tua vita?”
La beatitudine di Pietro, e la nostra, alla luce di questa pagina evangelica di oggi, consiste nel fatto che noi abbiamo questa grazia che certamente non abbiamo in alcun modo meritata: ascoltare la parola del Signore, una parola che fa luce sul senso della nostra esistenza, su ciò che il Signore stesso ci chiede per far sì che essa sia un vero capolavoro di grazia e di bene non solo per noi ma anche e direi soprattutto per tutti coloro che il Signore ci fa incontrare nello scorrere dei miei giorni.
E così, come per Pietro, anche per tutti noi questa fede diventa “roccia”, perché accogliamo Dio così come si rivela, questo ci dà tanta gioia e sicurezza e possiamo così essere anche noi “pietre vive” con le quali e sulle quali il Signore edifica la Chiesa come la comunità dei seguaci di Cristo, che testimoniano con il loro vivere quotidiano che davvero Gesù benedetto è l’unico centro che da senso, valore ed efficacia al nostro impegno quotidiano per il bene. Un bene che sia autentico, che sia per tutti, che sia carico di futuro sempre buono e gioioso per tutti.