Omelia XXIII Domenica del tempo ordinario

05-09-2021

OMELIA
XXIII Domenica del tempo ordinario
Andria, 5 settembre 2021
Letture:
Is 35,4-7
Sal 145
Gc 2,1-5
Mc 7,31-37

Carissimi fratelli e sorelle,
Per comprendere a pieno la pagina del vangelo che oggi ci è stata proclamata, dovremmo ripensare per un attimo alla II lettura di domenica scorsa, quando San Giacomo ci diceva: “Vi esorto a non essere soltanto ascoltatori della Parola, illudendo voi stessi”. La parola di Dio di questa domenica ci vuole proprio aiutare a riflettere ancora su questo tema: L’ascolto di Dio. Sì, perché molto spesso noi non riusciamo a fare il bene perché non ascoltiamo Dio; apparentemente lo sentiamo, ma non lo ascoltiamo. Tra le prime cose che si imparano quando si va a scuola c’è questa: qual è l’organo dell’udito? Noi diciamo: “L’orecchio”. “Sbagliato!” – potremmo dire, tenendo presente la parola di Dio oggi – Non si ascolta con le orecchie, si ascolta con il cuore, perché tanto spesso le orecchie sentono, ma il cuore pensa ad altro, il cuore è chiuso.
Infatti, a pensarci bene, tante volte capita, quando sentiamo il Vangelo, già dalle prime battute diciamo tra noi: “Ah questo lo so!”, perché magari è un brano che conosciamo bene. Ma non è questo l’ascolto; ascolto significa che oggi, qui, adesso il Signore sta parlando a me e mi dice delle cose che appartengono al mio oggi; lasciamo stare quello che mi ha detto ieri, o in altre occasioni.
Già il profeta Isaia, secoli e secoli prima di Cristo, come abbiamo letto nella prima lettura, scriveva a riguardo: “Allora si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora – i tempi del Messia – lo zoppo salterà come un cervo e griderà di gioia la lingua del muto”. Ecco i miracoli di Gesù, già Isaia ne aveva parlato, miracoli tutti carichi di significato. A quanti ciechi Gesù ha aperto gli occhi? E perché lo faceva? Perché aveva pietà di quei poveretti? Sarà pure, ma soprattutto perché voleva dire a noi uomini: “Aprite gli occhi che siete ciechi e non capite dove sta la verità e dove sta il bene”.  Ci acceca l’orgoglio, la presunzione, l’idea di essere perfetti…E dunque attraverso questi miracoli Gesù vuol dire che Lui è venuto a rifare l’uomo perché il peccato l’ha rovinato; quegli handicap fisici sono il segno di un handicap che ognuno di noi si porta dentro: è l’handicap del peccato, è terribile e non esistono medici che lo risolvono quaggiù questo handicap del cuore, solo Lui lo può fare.
Ecco allora il senso del miracolo del Vangelo che oggi ci è annunciato. Ci ha detto San Marco che Gesù attraversava il territorio della Decàpoli, cioè un territorio pagano, compie un miracolo fuori dei confini della geografia sacra, e questo per dire che a Lui appartiene tutta la terra e tutta la storia, non un popolo solo e Lui è venuto a rifare tutto l’uomo, tutti gli uomini, non ci sono uomini fuori della grazia del Signore.
Gli condussero un sordomuto; di questa malattia la scienza ci dice che i sordomuti non parlano perché non sentono, l’organo della parola il più delle volte è intatto, è l’udito che non funziona e siccome non si odono i suoni non li si possono nemmeno riprodurre e questo è importante nel miracolo di Gesù; quest’uomo non riusciva a parlare perché era sordo, non poteva udire.
Gesù lo prende in disparte, lontano dalla folla. perché, quando c’è rumore, il Signore non opera. Perché il Signore possa operare nella nostra vita occorre che si ripeta questa condizione, occorre che noi siamo disponibili ad andare un po’ in disparte con Gesù, a tu per tu. Noi veniamo in Chiesa, certo, ma non basta! Occorre il momento in cui ciascuno di noi si mette a tu per tu col Signore, io e il Signore, a tu per tu, guardandosi quasi negli occhi: “Signore, che vuoi da me?”: La celebrazione comunitaria è importante, certo, ma non sostituisce il rapporto a tu per tu col Signore. È importante questo; ecco allora anche il valore di certi momenti di silenzio durante la liturgia. Gesù dunque lo porta lontano dalla folla, compie dei gesti un po’ misteriosi e, guardando verso il cielo, emette un sospiro e dice: “Effatà”, cioè: “Apriti!”.
Ecco il senso, allora, del miracolo. Gesù dice a me, a ciascuno di noi oggi: “Apriti, perché se tu sei muto, se tu non riesci a dare testimonianza come dovresti è perché non ascolti! Apriti all’ascolto! Apri le orecchie, il cuore, la mente, la vita all’ascolto di Dio e vedrai che riuscirai a testimoniarlo!”.
Proviamo allora ad immaginare che Gesù anche oggi su ciascuno di noi emette un sospiro quasi per dire: “Quando ti decidi? Apriti!”. Il racconto prosegue: subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della lingua e parlava correttamente. Anche oggi attraverso il Sacramento, attraverso la Parola Gesù dice a ciascuno di noi: “Apriti! non aver paura, sciogliti e vedrai che sarai capace di dare veramente la testimonianza della tua fede”. Il mondo oggi ha bisogno di cristiani testimoni, coraggiosi, che parlano correttamente, come dice il Vangelo, non che dicono parole di Vangelo però poi alla prova dei fatti fanno tutto il contrario, loro per primi; abbiamo bisogno di parlare correttamente e soprattutto di essere fedeli alle parole che diciamo.
Questa è grazia di Dio, non è solo forza nostra, per questo siamo qui. Chiediamo al Signore, dunque, che pronunci anche oggi su ciascuno di noi questa parola: “Apriti!”.