Letture:
1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23
Sal 102
1Cor 15 45-49
Lc 6,27-38
Carissimi,
Vi confesso che quest’oggi provo un po’ di disagio a parlare perché abbiamo appena finito di ascoltare una pagina del Vangelo così forte e così chiara che davvero c’è la paura di sciuparla, aggiungendo altre parole. Vorrei quasi fare un’operazione molto più sobria, immaginare di trovarmi con un evidenziatore in mano dinanzi a un testo scritto ed evidenziare qualche passaggio, nulla di più perché sono convinto che il Vangelo oggi non ha bisogno di commenti; sempre è così, ma certe pagine acquistano una luminosità che brilla da sé.
Allora, cerchiamo un po’ di sottolineare qualche passaggio del testo. Certamente innanzitutto dobbiamo ricordare delle parole molto simili che Gesù ha detto in un’altra occasione: “Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. Vi do un comandamento nuovo…queste parole, ricordiamo, Gesù le ha dette il Giovedì Santo, la notte dell’Eucaristia, la notte in cui ha spezzato il pane per i suoi discepoli, la notte in cui veniva tradito, la notte in cui cominciava la tragedia terribile della passione. Ecco, in questo contesto Gesù ha detto: “Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Dove sta la novità? La novità sta in quel “come”, amatevi “come” io vi ho amati. Così vi dovete amare, dice Gesù, io vi ho dato l’esempio; caso mai vi viene qualche dubbio e cominciate a dire: “Come dobbiamo amare? Come sarà il nostro amore?”, allora, dice Gesù, guardate me e copiate me. Gesù è il modello di amore. Ma chiediamoci: come ha amato Gesù?
Quella notte, il Giovedì Santo, intorno alla mensa, aveva un gruppo di traditori, un gruppo di gente che lo aveva fatto tanto soffrire, aveva accanto uno che di lì a poco lo avrebbe venduto per quattro soldi e Gesù proprio a questa gente dimostra amore. Dice san Paolo, che racconta: “Nella notte in cui fu tradito, egli prese il pane, lo spezzò e disse: Prendete e mangiate…”. Non in una notte qualsiasi ma nella notte in cui veniva tradito Gesù invece di tirarsi indietro e dire: “Basta, mi avete proprio scocciato, non vi meritate niente”, in quella notte Gesù prende il pane, lo spezza per questa gentaglia, che siamo noi, e dice: “Voi non meritate niente, lo so, ma io mi spezzo per voi. Amatevi come io vi ho amato”.
L’amore di Gesù è totalmente gratuito, Gesù non ci ama perché noi abbiamo delle qualità, dei meriti, ma ci ama perché siamo dei peccatori. Qui è il punto, proprio per questo ci ama, siamo amati da lui per quello che siamo e caso mai pensiamo che sono solo belle parole, allora fissiamo gli occhi sul crocifisso, guardiamo Gesù e convinciamoci che non sono belle parole: questo è l’amore di Dio, Dio è letteralmente pazzo d’amore per noi, proprio perché siamo quello che siamo. Non è che Dio ci ama nonostante le nostre miserie. No! Dio ci ama perché noi siamo così, perché Dio è amore. Questa è pura contemplazione, è stupore, è meraviglia, però, visto che Dio è questo per noi, a un certo punto Gesù nel Vangelo dice: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli. Amatevi come io vi amo”. Ecco perché, vi dicevo all’inizio, io avrei voluto non parlare tanto, non ce n’è bisogno, perché ci troviamo veramente a toccare con mano la distanza tra Dio e noi. Mai come oggi noi ci accorgiamo di quanto siamo lontani da Dio!
Fin dalla creazione Dio ci fece a sua immagine e somiglianza. E tante volte, nelle nostre famiglie, la somiglianza non è soltanto nelle sembianze fisiche ma lo è anche nel carattere, nelle qualità interiori. Quante volte la mamma, guardando il figlio dice: “Tutto suo padre! Tale e quale”. Ecco, di noi si può dire, riguardo al nostro Padre Dio, che noi siamo l’immagine di Dio? Somigliamo a Dio? Non lo so. Ma a me pare di no perché se Dio è misericordia, non mi pare che noi siamo misericordia, per niente proprio anzi, siamo l’opposto. Però questo tipo di riflessione a un certo punto ci comincia a stare stretta, ci fa star male perché Gesù, a conclusione della pagina del Vangelo, chiaro, chiaro dice: “Non giudicate per non essere giudicati, non condannate per non essere condannati perché – ecco la conclusione – con la misura con cui misurate sarete misurati voi in cambio”. Capite che vuol dire questo? C’è da tremare: qui non si salva nessuno! C’è da tremare! Con la misura con cui misurate, sarete misurati voi in cambio. Se noi, con tutto lo sforzo, anche se sappiamo di non riuscirci perché siamo fragili e la natura umana si ribella a tutto questo, se noi ci sforziamo di usare il metro, la misura della misericordia, allora possiamo contare su quella di Dio; ma se noi non la usiamo questa misura, usiamo la misura della pura vendetta, a volte di una vendetta studiata a tavolino, cattiva, crudele, cinica, allora non lo so come ci presenteremo davanti a Dio.
Che il Signore ci aiuti, non c’è da scherzare. In fondo, questo è il banco di prova della nostra fede cristiana, qui si vede se siamo cristiani o no. Nella nostra vita di tutti i giorni, a tutti i livelli, a cominciare dai rapporti ravvicinati, nella famiglia, tra marito, moglie, genitori, figli, fratelli, sorelle, parenti fino ad allargarci poi a rapporti più larghi, le amicizie, il lavoro e via, usiamo il metro della misericordia? Non lo so. Ognuno di noi sa e risponde per sé. Io non mi permetto di giudicare nessuno, altrimenti io per primo cadrei sotto la scure della parola di Gesù, non sto qui per giudicare, ma è la Parola che ci giudica, questo è il punto. Gesù ci ha detto chiaro quest’oggi che con la misura con cui misuriamo saremo misurati.
Stringiamoci perciò intorno all’altare con questa Parola così forte, così dura ma anche così luminosa perché davvero, se provassimo a puntare più in alto quante cose cambierebbero e come cambierebbe la nostra vita e la vita del mondo intero!