Letture:
At 6,1-7
Sal 32
1Pt 2,4-9
Gv 14,1-12
Carissimi,
Siamo alla quinta domenica di Pasqua e torna sempre più intenso l’invito a renderci, di questo mistero di morte e risurrezione di Gesù, non solo spettatori attenti e festosi, ma partecipi nel sentire che ci siamo dentro e perciò lo dobbiamo vivere in pienezza fino in fondo. Le letture di questa domenica, sono di una ricchezza straordinaria, soprattutto perché ci aiutano a vivere l’evento della Pasqua, tenendo particolare attenzione al mistero della Chiesa.
Vedete, c’è sempre la tentazione di vivere la fede come un fatto privato; ognuno di noi si mette in rapporto con Gesù a tu per tu. Ognuno si prega il suo Gesù come gli piace, quando gli piace, se gli piace…, e quindi poco spazio, poca parte hanno gli altri nella vita di fede. E invece la parola di Dio oggi ci aiuta a riscoprire che la fede è una sola, è quella della Chiesa, per cui se vogliamo vivere con intensità il rapporto con Cristo, noi dobbiamo vivere con intensità la nostra realtà di uomini e donne di Chiesa. La Chiesa non è una realtà fatta di angeli, ma di persone, uomini e donne concreti, ognuno con la sua storia, i suoi difetti, i suoi problemi, ma ognuno ha i suoi doni con i quali edifica la Chiesa.
Ecco, la parola di Dio di questa domenica porta fortemente l’idea della costruzione, soprattutto nella seconda lettura San Pietro, parla di pietre: “Carissimi, stringendovi a Cristo pietra viva, rigettata dagli uomini, una scelta preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale”. Venite impiegati come pietre vive! Ecco il mistero della Chiesa. Per molti di noi la Chiesa è il luogo dove si va ad ascoltare la messa, il luogo dove si va a fare certe pratiche…
La Chiesa è una realtà viva, la Chiesa siamo noi e ognuno di noi è pietra viva di questa Chiesa, ma può essere pietra viva soltanto se è unita a Cristo; se noi siamo uniti a Cristo, saremo anche uniti tra noi. Certo, ci sono mille problemi, c’è la concretezza della vita di tutti i giorni, ci sono i difetti delle persone, ci sono i limiti che ogni realtà umana porta con sé, ma se siamo stretti – come dice San Pietro – stretti a Cristo, pietra viva, non stiamo a pensare ai difetti, ai problemi, alle cose che non vanno, ma cerchiamo il meglio.
Noi dobbiamo costruire il regno di Dio ed è chiaro che, in questa costruzione, ognuno di noi deve fare la sua parte in termini di dono di sé, di sacrificio, di fatica, di rinuncia, talvolta di sconfitta… Diceva San Giovanni Battista, in una delle sue espressioni: “E’ necessario che Lui cresca e che io diminuisca”. Noi facciamo parte della Chiesa per costruire il regno di Dio, non per dare successo alle nostre persone, per cui non dobbiamo cercare di portare avanti per forza le cose secondo le nostre vedute umane. No, la Chiesa è di Dio, non è nostra, per cui dobbiamo imparare a mettere da parte le nostre pretese di riuscita, di imporre i nostri progetti, le nostre idee, le nostre vedute… Dobbiamo rinunciare, insomma, alla pretesa di servirci della Chiesa per portare avanti le nostre persone. Noi dobbiamo servire la Chiesa, non servirci della Chiesa. E allora, se per servire il mistero della Chiesa, noi dobbiamo qualche volta tacere, incassare un torto, un dispiacere, non importa! Offriamolo per amore di Dio. Ma, proviamo a pensare: Pietro, Paolo, Andrea, Giovanni non erano diversi da come siamo noi. Li abbiamo conosciuti attraverso i racconti! Eppure il Signore a loro ha affidato il regno di Dio, così come lo affida a noi oggi.
Noi veniamo in chiesa per offrire a Dio il sacrificio della nostra vita. Chi vive con intensità la realtà della Chiesa, questo prima o poi lo impara. Quanti sacrifici, quante umiliazioni, quanti dispiaceri…, talvolta proprio da quelli che magari ti stanno più vicino! Non importa! Impariamo a costruire la Chiesa attraverso il dono della nostra vita. Gesù ha messo la prima pietra in questa costruzione. E come l’ha messa? Donando la sua vita, incassando il tradimento, il rifiuto di quelli che teneva vicino. Non lo dimentichiamo questo: i primi a tradire, a deludere Gesù sono stati quelli a Lui vicino, i suoi. E così capita a noi: i dispiaceri più grandi a volte non li abbiamo da quelli di fuori, ma da quelli che ci sono a fianco. Pazienza! Non importa! Purché cresca il regno di Dio, purché cresca questo edificio spirituale. E in questo discorso ci aiuta pure la prima lettura, dove vediamo la Chiesa, la prima comunità cristiana, che si trova di fronte ad una scelta, a una decisione importante; ormai sono diventati tanti, gli apostoli non bastano più, non sono più numericamente sufficienti per far tutto e allora cominciano a pensare: La Chiesa è fatta di membra vive, allora distribuiamoci i compiti: noi faremo qualcosa che appartiene più specificamente a noi, altre cose le facciamo fare ad altri. Ecco, allora nasce l’istituzione del diaconato: i diaconi, ministri sacri anche loro, che però cominciano ad allargare la cerchia del ministero. Gli apostoli affidano a queste persone il compito di badare alla distribuzione dei beni, la caritas del tempo – potremmo dire – occuparsi dei poveri e loro si riservano la preghiera, la predicazione.
Ecco, dunque, una Chiesa che rifiuta l’idea dei “factotum”, cioè di quelli che fanno tutto loro. No! La Chiesa è fatta di membra vive e ognuno fa la sua parte e non deve stare ad invidiare la parte degli altri, ognuno fa la sua con umiltà, senza la pretesa di essere, il salvatore della patria. Ognuno fa la sua parte, senza la pretesa di stare sempre sulla scena perché a quel punto è chiaro che comincia a venire il sospetto che non vogliamo servire la Chiesa, ma vogliamo servirci della Chiesa per stare alla ribalta, all’ammirazione, alla considerazione degli altri. Gli apostoli lo hanno capito. E così dobbiamo imparare anche noi: non dobbiamo sentirci padroni della Chiesa, ma servi di tutti, a cominciare da me fino all’ultimo dei fedeli della comunità, tutti servi, uno solo è il capo della Chiesa, Gesù Cristo, Lui che si è definito per noi oggi la via, la verità, la vita, la salvezza insomma! Noi collaboriamo, serviamo perché Lui possa entrare nei cuori e salvarli, ma guai ad immaginare di essere troppo importanti, indispensabili! Il Signore ha bisogno di noi, però ricordiamo sempre che sa fare anche a meno di noi. Stiamo al nostro posto con umiltà, con generosità, con vero disinteresse. Solo così si costruisce la Chiesa di Cristo!