Letture:
Ap 7,2-4.9-14
Sal 23
1Gv3,1-3
Mt 5,1-12
La festa di Tutti i Santi, ci chiama a riflettere sulla vocazione universale alla santità e cioè non ci dobbiamo soltanto fermare al gesto dell’ammirazione per tanti nostri fratelli che sono giunti alla meta, i Santi; ce ne sono alcuni più famosi perché fanno parte della devozione popolare, alcuni nomi fra tanti, pensiamo a Sant’Antonio, San Rocco, tra i più recenti: Papa Giovanni Paolo II, Madre Teresa…nomi grandi, ma i santi non sono solo quelli. Ci dice la prima lettura che si tratta di una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni lingua, di ogni razza, di ogni popolo e di ogni nazione. Allora ciò significa che, al di là di una santità eccezionale, che pure si realizza in alcune figure, c’è – potremmo dire – una santità diffusa di tanta brava gente, tanta buona gente che, nel silenzio, compie, si sforza di compiere quotidianamente il miracolo della fedeltà al vangelo, fedeltà alla Parola che ascolta domenica per domenica, fedeltà all’Eucarestia che celebra e riceve in dono domenica per domenica. C’è dunque una santità diffusa che è molto più ampia di quello che noi possiamo immaginare. Ed è di questa santità che noi vogliamo parlare oggi, sollecitati dalla parola di Dio, ed è la vocazione universale di tutti gli uomini. Quando Dio fa un uomo lo fa perché sia santo.
Uno dei problemi che spesso agitano le nostre riflessioni, i nostri pensieri, soprattutto quando accadono delle tragedie improvvise, è il tema del destino e noi diciamo: “Ma esiste il destino?”. Certo che c’è il destino, ma il destino è uno solo: è che noi siamo destinati alla santità, quella è la nostra vocazione, il nostro destino, la nostra meta, quello è il nostro codice genetico, il nostro DNA: la santità. Per cui se il Signore ci ha fatti così, vuol dire che ci dà e ci darà tutti gli aiuti necessari perché questo destino si compia. Il primo grande aiuto è la Parola che non ci lascia mai soli, è sempre accanto a noi. “La tua Parola – dicevano i pii ebrei al tempo di Gesù – è lampada ai miei passi”. Non si può fare a meno di questa parola, è importante, necessaria, è indispensabile e purtroppo noi, molte volte, non abbiamo voglia di ascoltarla questa parola, abbiamo tempo e voglia di leggere tutti i giornali di questo mondo, di vedere tanti programmi, ma poi, quando arriva il momento di ascoltare la Parola di Dio, abbiamo fretta e stiamo a contare i minuti…La Parola è dunque il primo, grande aiuto che il Signore ci dà per essere santi, per realizzare questo grande destino di gloria.
Il secondo grande aiuto: i sacramenti, i canali della grazia, quelli che riceviamo in alcuni momenti importanti della vita, il battesimo, la cresima, il matrimonio e quelli che riceviamo più spesso, la confessione, la riconciliazione, l’Eucarestia. Dunque con la Parola, i Sacramenti piano piano il Signore ci fa santi. Dovremmo correggere il nostro linguaggio: Non siamo noi che dobbiamo “farci santi”, No, è sbagliato! Dove vogliamo andare noi con le nostre forze che sono sempre e comunque insufficienti? È Lui che ci fa santi; per cui il modo per diventare santi è lasciare al Signore ampia facoltà, ampia libertà di lavorare dentro di noi, farci santi è aprirci a Lui, lasciarlo lavorare nel nostro cuore. Occorre davvero cioè che noi siamo disponibili, che non facciamo i presuntuosi, che ci vestiamo davvero di grande umiltà. E qui ci aiutano a capire le beatitudini che abbiamo ascoltato nel brano del vangelo: beati i poveri in spirito, beati i puri di cuore, beati quelli che si impegnano nella giustizia perché di loro è il regno dei cieli. La santità è un dono, non è una conquista, è un dono.
La Parola, i sacramenti, ma c’è anche un altro mezzo per diventare santi: è il prossimo che ci sta accanto perché – diciamolo francamente – se non avessimo il prossimo accanto che ci sollecita continuamente gesti di umiltà, di pazienza, di perdono, gesti di sopportazione, di generosità, di disponibilità, di amore infinito, se non avessimo il prossimo accanto, come potremmo vivere noi il dono dell’amore di Dio? Allora, ricordiamo sempre che il prossimo accanto a noi non è un potenziale nemico, un eterno avversario da superare. E questo può capitare anche in famiglia, al lavoro, tra amici…
Questa, dunque, è la santità: la Parola, i Sacramenti, il prossimo, i tre grandi canali di grazia attraverso cui il Signore ci rende santi e questa santità è per tutti. Ognuno di noi è chiamato alla santità, non è un optional che puoi fare o non fare perché alla fine campi lo stesso. No. Là è la tua identità per cui se non la realizzi tu sbagli tutto, fallisci, tu fallisci la tua vita, sei fuori posto e tutto quello che fai non va mai bene, è tutto sbagliato. Ma se noi siamo sulla via della santità, allora anche i fallimenti possono diventare alla fine momenti di rinascita perché uno può capire e si apre al Signore. Se dunque seguiamo l’invito di Gesù: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”, se davvero riusciamo a capire che davanti a Dio comunque, al di là del volume dei nostri portafogli, al di là del valore dei monili che portiamo appesi alla gola o alle nostre braccia, al di là di tutto questo, ciò che ci rende grandi è che noi siamo piccoli di fronte a Dio e riconosciamo la sua signoria sulla nostra vita, allora, forse, cominceremo davvero a gustare la gioia della santità.