OMELIA
Seconda Domenica di Avvento
Andria, 6 dicembre 2020
Letture:
Is 40,1-5.9-11
Sal 84
2Pt 3,8-14
Mc 1,1-8
Il vangelo di questa domenica ci riporta i versetti iniziali del testo di Marco. Intanto penso sia bene ricordare il significato proprio della parola “Vangelo”, che non è riferito a un testo scritto, ma che vuol dire semplicemente “Annuncio di una bella notizia”. Per noi la bella notizia è la missione di salvezza compiuta da Gesù. E dunque questi primi versetti del testo che ci è stato letto oggi raccontano quel movimento popolare che si sviluppò intorno alla figura e alla predicazione di Giovanni Battista che preparava le folle all’inizio della missione dello stesso Gesù.
Marco ci presenta la imminente entrata in scena di Gesù in una cornice suggestiva e simbolica: un accorrere di gente che esce dalla città e dalle proprie abitazioni e occupazioni quotidiane verso il deserto per andare ad ascoltare il Battista e farsi battezzare da lui. E ricordiamo anche che, sempre nella simbologia biblica, il deserto rappresenta un luogo dove, in un contesto di assoluta essenzialità, si ascolta Dio che parla.
Raccontando ciò che è avvenuto prima della manifestazione di Gesù al mondo, Marco ci vuole coinvolgere tutti in quel movimento che caratterizzò quel tempo particolare in Israele e che deve caratterizzare ora il nostro tempo, visto che ci stiamo preparando alla nuova celebrazione natalizia. L’evangelista Marco non racconta la predicazione del Battista come un fatto passato, ma come una realtà che si rinnova ogni volta che noi veniamo in contatto con la figura e la parola di Gesù. E il Battista, come allora, così anche oggi, ci aiuta a ravvivare nei nostri cuori gli atteggiamenti giusti per accogliere la venuta del Messia: che sono di una reale e seria predisposizione alla conversione e alla penitenza.
Sì, perché dobbiamo riconoscere che Gesù, anche se è venuto da ben oltre duemila anni, non occupa ancora tutti gli spazi della nostra esistenza. Facciamo parte di quella parte di mondo che si dice cristiano, ma dobbiamo riconoscere che ci sono tanti capitoli del libro della nostra esistenza che non sono ancora per niente toccati dalla sua proposta di vita nuova, anzi, ne sono enormemente lontani. Basterebbe solo pensare al tema della giustizia sociale! Ed ecco allora il valore fortemente evocativo del deserto che, nel suo vuoto, diventa anche una immagine del nostro animo.
L’abbigliamento e lo stile di vita di Giovanni, con la sua rudezza ed essenzialità, è un richiamo anche per noi ad andare dritti al cuore del suo invito alla conversione, senza distrarci in nulla, a cominciare dall’abito fino a tutto ciò che è pura esteriorità. La predicazione esigente e severa del Battista rappresenta per noi una occasione decisiva. La novità non sta nel battesimo che amministrava Giovanni, perché era un rito praticato da molti e in diverse maniere, ma nel contenuto, in ciò a cui prelude questo battesimo: un battesimo nuovo, non solo con acqua, ma con lo Spirito Santo, quello che Gesù lascerà poi ai suoi discepoli e con il quale immergerà tutti nella corrente della vita nuova; tutti saranno sommersi dalla sua potenza e dalla sua dolcezza. Colui che viene è così grande che Giovanni stesso non è degno di sciogliere il laccio dei suoi calzari; è meno che uno schiavo.
Ecco allora il senso dell’invito con cui si apre oggi la liturgia della Parola nella pagina di Isaia: Parlate al cuore di Gerusalemme, risuscitate in lei la speranza, perché il Signore si è ricordato di lei, ha perdonato le sue colpe: egli viene per la salvezza. Tutto il testo è un’esortazione alla fiducia, all’entusiasmo per ciò che si sta realizzando: il Signore viene con potenza. Queste parole di Isaia per un verso si adattavano bene alla predicazione di Giovanni Battista, ma poi, con l’avvento di Gesù esse si realizzano in pieno. Preparare la strada nel deserto della vita, allora, diventa un impegno soprattutto per chi vuole incontrare Gesù. Quella speranza suscitata dal profeta ora è realtà.
Guardiamoci intorno, allora, e domandiamoci: siamo più simili a quella Gerusalemme che trova il profeta Isaia, disincantata, sfiduciata, triste, perché non vede cambiamenti, non vede motivi validi per riprendere quota, oppure a quella gente che accorre da Giovanni, piena di aspettative, desiderosa di scoprire qualcosa che riempia il cuore, disposta anche alla penitenza, al sacrificio, pur di trovare ciò che appaga il proprio desiderio non di cose futili, ma di pienezza, di ciò che non viene mai meno?
Sembra che questa attesa, questo desiderio, oggi si siano smorzati. Il Virus poi ci mancava. C’è una grande frenesia per cose che illudono e deludono, c’è una fuga verso l’esteriorità, il sensazionale. Non abbiamo più il coraggio di guardarci dentro, perché è proprio lì che spesso c’è il deserto di buone intenzioni e di decisioni coraggiose nell’accogliere la proposta esigente del Vangelo. L’immagine del deserto ci aiuta a ritrovare quello che ci manca, l’essenziale. Non lo dimentichiamo questo!
Un’ultima domanda cruciale ci viene suggerita dalla seconda lettura, per rispondere all’obiezione di chi pensa che il Signore ritarda il suo ritorno. San Pietro ci ha ricordato che questo avviene per dare a tutti tempo per ravvedersi. Allora, cari fratelli, finché ci vien dato tempo riempiamolo con opere di bene e di autentica conversione al Vangelo.
E, dunque, ci accorgiamo che la voce di Giovanni Battista è anche per noi, uomini di questo tempo, ancora potente, viva e attuale.