Omelia Maria SS. Madre di Dio 1 gennaio 2022

01-01-2022

Letture:
Nm 6,22-27
Sal 66
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

Vorrei rileggere con voi, per cominciare la riflessione, il passaggio con cui inizia il racconto del Vangelo: i pastori andarono senza indugio e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia. Abbiamo riletto lo stesso Vangelo del giorno di Natale, della notte e dunque è un Vangelo che conosciamo bene, chissà quante volte lo abbiamo ascoltato, è una di quelle storie, non una favola, per carità, una di quelle storie che ci piace sentire e risentire infinite volte perché ogni volta che la sentiamo è come se ci mette tanta gioia, tanta pace nel cuore, che ci fa quasi toccare con mano qualcosa che è davvero importante e decisivo per la nostra vita e per la vita del mondo intero.

Ebbene, in questo racconto c’è un particolare – nella notte di Natale non lo abbiamo notato perché avevamo tutti gli sguardi puntati su Gesù Bambino che è nato ma a rileggere il racconto ci accorgiamo che la prima persona che il racconto nomina è Maria, la mamma di Gesù, poi parla di Giuseppe e per ultimo di Gesù, del bambino. Tra l’altro qui si dice semplicemente il bambino, poi alla fine il racconto ci informa che gli fu messo nome Gesù come aveva detto l’angelo.

Il racconto si sofferma, volutamente, penso, su Maria, su questa figura. Oggi celebriamo, nel primo giorno dell’anno, la solennità della maternità divina di Maria e siamo chiamati, come comunità credente, a posare il nostro sguardo su Maria senza naturalmente distoglierlo da Gesù. Maria, questa creatura meravigliosa, stupenda, eccezionale ma pur sempre una creatura, una donna di questo mondo, una donna con i piedi per terra, non una specie di dea o di creatura angelicata, come dicevano i poeti antichi, ma una donna di carne e ossa, una donna che è stata scelta da Dio per compiere questo servizio all’umanità: prestare, donare il suo grembo al Figlio di Dio, affinché si potesse incarnare.

Era promessa sposa di Giuseppe, lo sappiamo, ma quando poi viene informata dall’angelo che altra è la sua missione, non quella di dare figli a Giuseppe, ma di dare un figlio a Dio, allora Maria accoglie la parola dell’angelo con disponibilità estrema, ricordiamo il racconto dell’annunciazione: allora Maria disse: “Eccomi, io sono l’ancella, la serva del Signore”– più propriamente il testo dice la schiava del Signore, cioè una che si mette totalmente a disposizione del suo Signore. Maria ha detto sì a Dio e ha detto sì non soltanto quel giorno all’angelo, ha detto sì da quel giorno in poi tutti i giorni della sua vita, la sua vita si è intrecciata indissolubilmente alla vita del Figlio di Dio; non ci riesce più di pensare a Gesù senza pensare anche a Maria e non ci riesce più di pensare a Maria senza pensare a suo Figlio, quel Figlio che per nove mesi lei ha portato in grembo, come accade a tutte le mamme di questo mondo, quel Figlio che poi lei ha custodito, ha vegliato, ha educato per ben trent’anni a Nazareth e non è poco, quel Figlio che poi un giorno ha cominciato la sua missione ed è morto in croce.

Ebbene, il sì di Maria, il sì del primo giorno è rimasto così, sempre sì, tutti giorni e non è stato per niente facile per Maria dire quel sì; ce la immaginiamo Maria che deve dire sì al Figlio di Dio, affrontando tante situazioni di disagio, di difficoltà, di paura, di povertà fino alla fine della vita di Gesù, quando l’unica che era rimasta col suo sì sotto la croce era proprio Maria.

Guardando dunque a Maria, io credo che sono fondamentalmente due le riflessioni da fare: la prima è che se questo mistero è potuto accadere è perché Maria ha detto sì. Allora, se anche noi, imparando da lei, ci sforziamo di dire sempre sì al Signore, sempre, non soltanto quando ci piace e ci fa comodo, non soltanto quando siamo presi dall’entusiasmo dei giorni belli e solenni della vita, ma anche nei giorni feriali, dal lunedì al sabato, voglio dire, tutto il peso della quotidianità, se noi ci sforziamo, come lei, di dire il nostro sì a Dio, allora questo mistero dell’incarnazione continua, si rigenera infinite volte.

Dicendo sì a Dio, si dice sì alla vita, si dice sì all’amore, si dice sì al mondo che cambia e si trasforma. Maria ci è maestra, ci è modello, Maria ci è madre, ci aiuta, ci sostiene, ci incoraggia, ci è vicina. Sentiamoci sempre, nelle nostre giornate, sulla spalla la mano di Maria, lei è dietro, è lì tranquilla e dice, anche nei momenti più critici: coraggio, figlio mio, non ti preoccupare, sii sempre forte, di’ sempre sì al Signore, resisti alla tentazione di mollare, resisti alla tentazione della pigrizia, vai avanti, sii tenace perché se tu conservi puro e intatto, anzi se tu rafforzi sempre di più il tuo sì a Dio, allora anche nella tua vita veramente il Verbo di Dio tornerà ad incarnarsi, a diventare carne, a diventare storia e la storia di Dio si intreccerà anche con la tua storia, ci dice Maria, come si è intrecciata con la sua storia.

Ma poi c’è un’altra riflessione, che si affaccia, pensando a Maria; in fondo lei riassume in sé due caratteristiche che normalmente non stanno nelle stesse donne, o c’è l’una o c’è l’altra: Maria vergine e madre. Come è possibile una cosa del genere? Non accade in natura. Invece in lei è successo.

È un mistero questo. Cosa significa che Maria è insieme vergine e madre? Significa che il Figlio che lei ha generato è tutto suo, non è per metà di lei e per metà di un uomo e significa dunque che quel Figlio, in maniera misteriosa, è tutto suo ed è anche tutto di Dio. Le parole non bastano, si rivelano piccine di fronte a questo mistero. Ma nella maternità di Maria noi scorgiamo, da credenti, un’altra maternità ed è un discorso che ci tocca tutti quanti: la maternità della Chiesa. Anche della Chiesa noi diciamo la stessa cosa, anche lei è vergine ed è madre. È vergine nel senso che tutto quello che accade in lei è grazia di Dio, è pura grazia, non è merito di nessuno, non è frutto dei meriti, delle capacità, delle abilità umane, mai, è sempre e solo grazia di Dio.

Che cosa chiederemo oggi al Signore? Chiederemo che per intercessione di Maria, vergine e madre, ciascuno di noi, dal posto che il Signore gli ha dato di occupare nella storia, possa dare il suo contributo di preghiera e di impegno per chiedere il dono della pace per questo mondo che vediamo tanto attraversato da situazioni di paura e di conflitti di tutti i tipi. E che la chiesa possa continuare ad essere grembo fecondo dove l’amore di Dio si incarna, prende carne e si dona e si offre al mondo. Sono parole alte, altissime, sono pensieri che ci danno le vertigini e noi scopriamo tutta la nostra pochezza, però è proprio così e ringraziamo il Signore che ci dona di crederci ancora.