Omelia II Domenica del Tempo Ordinario C

16-01-2022

Letture:
Is 62,1-5
Sal 95
1Cor 12,4-11
Gv 2,1-12

Carissimi fratelli e sorelle,

Avrete sicuramente notato che è molto presente oggi nelle letture l’immagine matrimoniale. Infatti della prima lettura, tratta da Isaia, riprendo soltanto un passaggio: “Come un giovane sposa una vergine così ti sposerà il tuo creatore”. Nessuno più ti dirà che sei una terra abbandonata, che non vali niente; tu vali tantissimo perché addirittura Dio ha perso la testa per te, si è innamorato pazzamente di te, ti dichiara un amore fedele, eterno; tutto ti potrà succedere, dice il profeta, ma una cosa sicuramente non ti succederà mai: che Dio si possa dimenticare di te, che si possa stancare di te. Ecco dunque che l’immagine dell’amore matrimoniale è scelta da Dio stesso per raccontare il legame col suo popolo: egli è un amante, uno sposo fedele. La sposa, l’umanità, con molta facilità tradisce, abbandona, dimentica, ma Lui no. Non saranno mai e poi mai le nostre infedeltà a farlo recedere dal suo amore.

Questa è una riflessione bella, consolante, soprattutto se pensando alle nostre piccole e grandi fragilità, alle nostre cadute, ci assale il dubbio: ma Dio mi perdonerà?! Bene, la parola di Dio di questa domenica ci scioglie il dubbio: Dio non si stancherà mai di perdonarci. Certo ci vuole il pentimento, è ovvio, non ridicolizziamo il tutto, ci vuole il pentimento, ci vuole la consapevolezza del peccato, ci vuole una mano tesa che chiede aiuto; e quando la mano viene tesa la risposta c’è, l’amore di Dio è un amore sempre fedele.

Questo stesso tema lo ritroviamo poi nel Vangelo. Per l’evangelista Giovanni, non è un caso che il primo miracolo Gesù abbia scelto di compierlo all’interno di una festa matrimoniale: le nozze di Cana. C’è pericolo anche qui di banalizzare un po’ il tutto, riducendo la meraviglia soltanto di fronte alla grandiosità del miracolo: un’acqua che diventa vino, d’accordo ma, in fondo, se Gesù ha fatto questo miracolo, non è soltanto per salvare una festa di due sposi che rischiava di andare a male, ma per dare un segno, un messaggio. Il vino, nel linguaggio biblico e non solo, è segno di gioia, di festa, è segno dell’amore. Allora, molto spesso, nelle nostre realtà umane, a tutti i livelli, nell’amicizia, nell’amore, nei rapporti che si instaurano all’interno di una casa tra gli sposi, tra genitori e figli e viceversa, tra fratelli e sorelle, molto spesso succede che il vino si finisce, l’amore si finisce. Noi talvolta sperimentiamo la fatica di amare, sperimentiamo anche i fallimenti del nostro amore, ci ritroviamo incapaci ad essere fedeli all’amore e molto spesso scadiamo nell’egoismo; e certe volte arriviamo pure a compiere una strana operazione, quella di far passare per amore quello che invece è un egoismo assolutamente molto ben studiato.

Ma non ce ne dobbiamo fare un dramma, una tragedia, è così, è la nostra umanità che è fragile, siamo limitati, nessuno è perfetto; in nessun campo, in nessun punto del mondo ci sono i perfetti; il perfetto è uno solo: Cristo benedetto, e basta! Allora la nostra è una vita di gente che fatica ad amare, desidera amare ad essere amata ma fatica poi a farlo. Bene, quel miracolo a Cana, quell’acqua che diventa vino sta a significare la potenza redentrice di Cristo. Lui è venuto nel mondo a fare proprio questo: a trasformare l’acqua, la nostra umanità, in vino, il nostro amore, sempre a rischio di fallimento, in amore vero. E questo è opera di Dio, della grazia, non potrà mai essere opera solo del nostro impegno. Sì, noi dobbiamo mettercela tutta, dobbiamo impegnarci ma dobbiamo essere coscienti che se il Signore non ci aiuta noi non ce la faremo mai.

Ecco, carissimi, la parola del Vangelo, oggi, ci dice che ci dobbiamo aprire alla grazia, la dobbiamo stendere questa mano perché Lui ci stenda la sua e ci possa tirar fuori dalla nostra miseria e trasformare la nostra acqua in vino, la nostra povertà in ricchezza, in grazia, il nostro poco amore in amore abbondante. E ancora: quando Gesù comanda ai servi di riempire le giare di acqua, i servi – dice il testo – le riempirono fino all’orlo. Quella parolina, “fino all’orlo”, apparentemente banale, sottolinea il senso dell’abbondanza. Dio le cose le fa bene, non le fa con l’occhio al risparmio, il suo amore in noi diventa abbondante fino all’orlo, al punto tale addirittura che ne è troppo.

In tutto questo quadro bellissimo, l’ultima riflessione la riserviamo al ruolo della mamma di Gesù, la quale, con occhio attento, si rende conto della situazione e si prende cura di presentare al Figlio quello che è successo: “Non hanno più vino”. Basta, non dice altro, come per dire: “Tu sai che devi fare”. E Gesù nella sua risposta sembra essere sgarbato verso la madre: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. Invece poi dice ai servi di prendere l’acqua. La mamma di Gesù, si vede che conosceva bene suo Figlio, non si fa per niente intimorire da quella risposta di Gesù e dice ai servi: “Fate quello che Lui vi dirà”. Ecco la Madonna sempre ci dice: “Quando vedete che il vostro amore sta per finire, quando sperimentate la fragilità della vostra esistenza fate quello che Lui vi dirà. Fidatevi di Gesù”. Certamente, in quel momento, quando Gesù diede questo comando ai servi la cosa dovette risultare non poco strana: “Riempite d’acqua le giare”. ma i servi comunque l’hanno fatta, si sono fidati, la mamma aveva detto: “Fate quello che lui vi dirà”, e l’hanno fatto e tutto questo ha sprigionato il miracolo, il segno. Dunque noi dobbiamo fare quello che lui ci dice. E non sono solo miracoli il fatto che uno zoppo cammina, un cieco che vede o un malato di tumore che si ritrova guarito. I veri miracoli sono i miracoli della vita, cioè che noi, da inguaribili egoisti diventiamo gente che sa amare, questo è il vero miracolo e Gesù lo vuole fare, però si aspetta che noi, riconoscendo la nostra fragilità, ci apriamo a Lui. E la madre, Maria è anche segno della Chiesa. Nel Vangelo di san Giovanni questa identificazione è chiara: tutte le volte che si parla di Maria si parla anche della Chiesa, Maria è la figura della Chiesa. Qual è il ruolo della chiesa nel mondo oggi e sempre? È quello di intercedere presso Gesù sui bisogni del mondo, di farsi carico di questo vino che finisce ma anche quello di dire al mondo con coraggio: “Fate quello che vi dirà” sapendo di non restare delusi.