Letture:
Is 60,1-6
Sal 71
Ef 3 2-3a.5-6
Mt 2 1-12
Se volessimo riassumere tutti i motivi di riflessione di questa festa potremmo iniziare subito con il ripensare a quel ritornello che abbiamo ripetuto insieme dopo la prima lettura: Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. La festa dell’Epifania ha una forte accentuazione missionaria. Già la parola epifania vuol dire manifestazione, rivelazione; Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, si manifesta come il Salvatore non solo a un popolo, ma al mondo intero, a tutti gli uomini e questa totalità è rappresentata simbolicamente proprio dai magi.
Ricordiamo che i primi ad essere invitati alla grotta furono i pastori. Ma dopo qualche giorno Gesù si rivela a questi misteriosi personaggi; la tradizione li ha caricati anche di molti elementi che non sono rigidamente storici. Per la verità il Vangelo è molto sobrio nelle notizie che ci dà, dice soltanto: alcuni magi vennero da lontano. Noi poi con gli elementi della tradizione li abbiamo trasformati in re magi e abbiamo stabilito, in base a criteri tradizionali, che fossero tre, visto che i doni sono tre.
Ma, qual è il messaggio che noi cogliamo dalla presenza di questi personaggi? È proprio la caratterizzazione missionaria, universale, loro rappresentano tutto il resto del mondo, i non ebrei, giacché se Gesù è venuto, è vero che è venuto in un popolo, il popolo ebreo, è vero che Lui stesso era ebreo, figlio di ebrei ma è altrettanto vero che Gesù è venuto a salvare non un popolo solo, ma il mondo intero. Quindi la giornata dell’Epifania è proprio una giornata missionaria, una giornata che ci interpella tutti, perché ci ricorda questa verità: Gesù è venuto per tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Ma non tutti lo conoscono, non tutti l’hanno incontrato. Certamente ci sta gran parte del mondo, del pianeta che non lo conosce, forse non ne ha mai sentito parlare.
Allora la festa dell’Epifania ci richiama al dovere che noi abbiamo di manifestare questo mistero. E come lo possiamo manifestare? Soprattutto con la nostra testimonianza di vita; da come viviamo, da come ci comportiamo, da come parliamo, chi ci guarda dovrebbe capire: quello è cristiano, quello crede in Gesù. Non lo portiamo scritto in fronte, non è che può bastare una divisa, un distintivo sul bavero della giacca. No! Da come lo dimostriamo? Da come viviamo. Manifestiamo la luce, la luce che ci ha investiti e che da noi si proietta verso gli altri.
Qualche notazione ancora nel commentare il brano del Vangelo. I magi vengono da lontano, dall’Oriente, forse dovrebbero essere degli astrologi o persone sapienti del tempo che, scrutando gli astri, hanno visto una stella diversa da tutte le altre e si sono messi in cammino. E dobbiamo aver presente che i viaggi di allora erano ben altra cosa rispetto ad oggi. Questi magi hanno compiuto un viaggio lungo, settimane, forse mesi, probabilmente, dicono alcuni, anni, una cosa lunga, una vita intera, potremmo dire. Ecco che allora i magi sono anche il segno di ogni uomo che per cercare la verità è disposto a mettersi in cammino, è disposto a fare sacrifici immensi, è disposto anche ad essere preso per matto. Sono stati dunque uomini coraggiosi, uomini che hanno sfidato l’ambiente, hanno sfidato anche se stessi, sottoponendosi a queste enormi fatiche, a grandi spese. Ma loro vanno, ormai hanno deciso, hanno fatto una scelta nella loro vita, hanno capito ciò che conta e ciò che passa.
Sfidano anche l’incredulità della gente. Infatti a Gerusalemme quando arrivano domandano ma nessuno sa dir nulla. Loro, da una stella vista in cielo, hanno capito già tutto; gli abitanti di Gerusalemme invece, che avevano i profeti, che avevano tutta una storia alle loro spalle, non si sono accorti di niente, non sanno niente. Sì, c’erano le antiche profezie ma chi credeva più a quelle storielle! Loro arrivano e domandano: “Dov’è il re dei giudei?”. Nessuno sa niente. Che cosa strana! Loro da lontano vengono a trovare il re dei giudei e i giudei a due passi non sanno niente. Guardate come è misteriosa la storia della salvezza: i lontani e i vicini, quelli di dentro e quelli di fuori, schemi che, in una giornata come questa, saltano completamente in aria.
E li mandano dal re, il quale, dice il testo, “restò turbato e con lui tutta Gerusalemme”. C’è chi si mette in cammino, chi fa sacrifici enormi e chi, invece, resta turbato, comincia a tremare, temendo che questo nuovo re possa togliergli il regno. Ed Erode, ci ha raccontato il testo evangelico, con uno stratagemma tenta la sua carta e dice ai magi: “Andate, adoratelo anche a nome mio, poi venite a dirmi dov’è perché voglio andare anch’io”. Lui, al contrario, aveva progettato la terribile strage per togliere di mezzo questo possibile suo avversario.
I magi invece, seguendo la stella, arrivano al luogo dove c’è Gesù, lo adorano e dice il Vangelo: “…aperti i loro scrigni gli offrirono oro, incenso e mirra”. I significati da attribuire a questi tre doni possono essere facilmente intuibili. L’oro è il segno della ricchezza, della potenza, del re; l’incenso si brucia davanti agli dei, dunque quel Bambino è Dio; la mirra è un profumo prezioso che si usava per ungere soprattutto i morti nelle procedure di sepoltura. Ma c’è un dato che accomuna questi tre doni: sono doni preziosi, cioè questi magi non soltanto hanno fatto sacrifici sul piano dei disagi del viaggio, ma hanno speso moltissimo per quei doni da portare al Bambino di Betlemme.
Dunque c’è questo significato da recuperare: quando si va da Gesù non bisogna andare con gli spiccioli, gli spiccioli del nostro tempo, gli spiccioli dei nostri pensieri, gli spiccioli dei nostri soldi. No. A Gesù bisogna dare il meglio di noi, bisogna essere generosi ed è chiaro che Gesù non lo vediamo. Chi vediamo? Vediamo i fratelli, vediamo i poveri, vediamo gli altri. Allora dobbiamo presentarci a Gesù con scrigni pieni del meglio di quello che siamo e non con quattro spiccioli buttati perché non ci servono più. Col Signore bisogna essere generosi in tutto. I magi hanno speso e sono arrivati anche con grande rischio. Quella gente ha rischiato grosso! Noi, seguendo Gesù, che cosa rischiamo? Tanto non ci costa niente, l’unico sacrificio è la messa la domenica, fare un po’ le brave persone, quando ci riesce.
I magi, insomma, sono veramente figure che, pur nel loro mistero, hanno tanto da insegnarci. E noi chiudiamo la nostra riflessione, portando con noi questi pensieri: che veramente i magi ci mettano nel cuore la nostalgia delle cose belle e grandi, la nostalgia del fatto di doverci mettere in gioco seriamente con Gesù; i magi ci facciano ripudiare la mediocrità, le cose fatte senza crederci troppo. No. Sempre in cammino, sempre alla ricerca, alla ricerca del meglio di noi stessi. E il meglio di noi stessi dove lo troviamo? Ai piedi del Bambino Gesù, ai piedi del Signore.