Letture:
Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Lc 22,14-23,56
La storia della passione di Gesù la conosciamo bene, chissà quante volte l’abbiamo ascoltata, l’abbiamo vista in sacre rappresentazioni, in film. Eppure ogni volta che ascoltiamo questo racconto, se abbiamo una sensibilità ancora viva, certamente avvertiamo qualcosa dentro. È perché in questo racconto noi troviamo come il paradigma della storia dell’umanità: quello che è accaduto a Gesù in quelle terribili ore, che vanno dal momento della cena al momento della morte, è esattamente quello che accade da sempre nella storia dell’umanità. È il frutto del peccato.
Il racconto è incominciato con la cena; quello che è accaduto sulla mensa, attraverso il segno del pane che si spezza e del vino che viene donato, non è altro che l’anticipo del sacrificio di Gesù sulla croce. Gli apostoli non avranno sicuramente capito niente in quel momento; dopo, soprattutto alla luce della risurrezione, ripensando avranno capito il valore di quel pane che si spezzava, quando Gesù diceva: “Questo è il mio corpo donato, spezzato, questo è il mio sangue versato per voi”. Ed è bello pensare che ad ogni Eucaristia che noi celebriamo sui nostri altari si rinnova il mistero della croce per noi. Non è un rito, come tante volte diciamo, non è una cerimonia più o meno ben riuscita; Gesù sull’altare del giovedì santo e soprattutto sulla croce del venerdì non ha fatto nessun rito, non ha fatto nessuna cerimonia, si è donato sul serio, non ha recitato nessuna parte, si è donato sul serio.
E si impone un’altra riflessione. In quella terribile sera, quando Gesù si offriva sull’altare, sulla mensa, spezzava il pane, gli apostoli, sapete cosa facevano? Mica stavano a sentire Gesù! Mica erano commossi! No! Che tristezza! Stando al racconto di Luca, gli apostoli litigavano: sorse una discussione su chi di loro poteva essere considerato il più grande. Ecco perché, dicevo, nella storia di Gesù c’è il paradigma della storia di sempre, la storia dell’umanità: è una lotta continua a chi deve essere il più grande. La storia dell’umanità è la storia di una guerra continua a chi deve prevaricare sull’altro, calpestandolo nella sua dignità. È così fu anche quella terribile notte. Ricordate il Vangelo di domenica scorsa: “Chi è senza peccato scagli la pietra”. E siamo venuti in Chiesa domenica scorsa con le pietre in mano ma poi abbiamo dovuto prendere coscienza che era il caso di buttarle via quelle pietre perché nessuno, proprio nessuno, solo Gesù, è senza peccato.
Ancora un altro aspetto importante della passione è questa sofferenza terribile che Gesù, l’Innocente, ha dovuto subire. A volte ci fermiamo a riflettere con raccapriccio: ma come può essere capitata una cosa del genere? Tanto dolore per un innocente! Infierivano, inferociti, non c’era verso di farli riflettere, Pilato, ha pure provato a fermarli: “Ma che male ha fatto?”. Niente. Quella folla, quella stessa folla che lo aveva osannato qualche giorno prima, agitando i rami di ulivo, quella stessa folla ora chiedeva che doveva essere ucciso, non sapeva perché, ma doveva essere ucciso, questo sacrificio si doveva compiere. Pilato prende atto, rinuncia a far giustizia e commette, lui per primo, una terribile ingiustizia. Proviamo a pensare: quanti innocenti oggi patiscono ingiustamente? Quanti? Quante storie siamo costretti a sentire, quanti bambini soffrono ingiustamente per le cattiverie dei grandi. Pensiamo ai bambini dei paesi in guerra. Quanti? Gli innocenti dunque non hanno finito di soffrire, perché c’è la cattiveria nel cuore dell’uomo; quando l’uomo è cattivo il risultato è che patiscono gli innocenti. Alla fine chi è colpevole, proprio perché colpevole, riesce anche a farsi furbo, chi è innocente invece patisce. Ma tutta questa sofferenza ingiusta non è nascosta agli occhi di Dio; Dio sembra assente, sembra lontano ma è vicino al dolore del giusto e lo riscatta attraverso la morte del suo stesso Figlio, l’Innocente.
Allora qual è la nostra risposta a questa storia terribile? Dovrebbe essere la risposta degli abitanti di Gerusalemme, i quali, come dice il Vangelo ascoltato, nelle sue ultime battute: “Tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto”. Oggi dunque torneremo a casa, dopo la messa, anche noi percuotendoci il petto, dicendo al Signore: “Signore, tutto questo tu lo hai fatto per me. Fa’ che mi svegli dal mio torpore di coscienza e capisca che tutto questo tu lo hai fatto per me e che dunque è giunta l’ora che io mi converta veramente e torni a te, sicuro che non è tardi, sicuro di trovare un abbraccio buono e misericordioso, sicuro che anche l’ultima ora è buona, come lo fu per il buon ladrone, il quale non poteva nemmeno promettere di cambiare vita perché stava morendo, però con sincerità si è rivolto a Gesù e Gesù ha accolto questa sincerità: Oggi sarai con me in paradiso”.
Preghiamo il Signore perché questa settimana santa che oggi si apre ci conduca veramente ad una Pasqua di rinnovamento interiore per ciascuno di noi.