OMELIA
Messa nella Notte di Natale
Andria, 24 dicembre 2020
Letture:
Is 9,1-6
Sal 95
Tt 2,11-14
Lc 2,1-14
Carissimi fratelli e sorelle,
Per incominciare la nostra riflessione, proviamo innanzitutto a chiederci: qual è il sentimento che meglio interpreta e descrive questa notte? Ecco, io penso che sia la meraviglia, lo stupore. Meraviglia e stupore dinanzi alla grandezza del mistero, l’immensità di un Dio che si fa piccolo, quanto è piccolo un neonato. Meraviglia e stupore perciò dinanzi al mistero di questo Dio che azzera ogni distanza e dichiara e di fatto realizza così la sua benevola vicinanza a noi uomini e donne, facendosi uno di noi, in tutto uguale a noi.
Come non meravigliarci di un Dio onnipotente che si china verso di noi e diventa come noi? Noi stiamo celebrando il mistero di questa notte, nella quale a Betlemme avviene una storia sorprendente, davvero straordinaria. Colui che ha creato tutto ciò che esiste diventa come noi e viene addirittura a vivere in mezzo a noi in un punto preciso del tempo e dello spazio. E la cosa bella è che tutto questo non è una favola, è storia! Storia della quale si continua a parlare da oltre duemila anni.
Il Natale è dunque la presenza di Dio in mezzo a noi. Sì, Dio non solo si china a guardare noi, ma diventa uno come noi, un bambino. Egli si abbassa fin nella miseria della stalla, fa sua la situazione di povertà, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è appunto propria di ogni essere umano appena nato.
Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e, addirittura, lui si fa bisognoso dell’amore umano, bisognoso di protezione, come è la condizione di un bimbo appena nato. Nell’Antico Testamento il tempio era il luogo in cui Dio si rendeva presente in mezzo agli uomini. Ora, invece, Dio abita in una stalla. Mai vista prima una cosa simile Come non meravigliarci per la sua predilezione per l’uomo? Sì, il Natale è la presenza di Dio in mezzo a noi, è una presenza che si manifesta nella piccolezza, nella povertà del bambino che è totalmente bisognoso dell’amore. La gloria del vero Dio diventa visibile quando si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme.
Infatti ai pastori non viene dato alcun segno particolarmente grandioso, niente di meraviglioso. Gli angeli dicono soltanto: “Troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Quando mai un bimbo che nasce viene deposto in una mangiatoia? Arriverà poi un giorno nel quale questo bambino, diventato pane eucaristico, preparato per essere “mangiato”, realizzerà in pieno la profezia della mangiatoia! Quante mamme che ascolteranno o leggeranno queste note hanno mai pensato una cosa del genere per i loro bambini: deporli in una mangiatoia? Ecco la novità sorprendente. Dio si manifesta non più nella grandezza, ma nella piccolezza, nella povertà. Il segno di Dio è dunque la semplicità. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. E Dio in questo modo ci dice che non vuole sopraffarci con la forza, non vuole metterci paura con la sua grandezza. Chi ha paura dinanzi a un bambino neonato? Se ricordiamo qualche esperienza del genere che abbiamo fatto nella vita delle nostre famiglie, quando ci siamo trovati dinanzi a un neonato, l’unico sentimento che pervade tutto il nostro spirito non è certamente la paura, ma la tenerezza infinita.
Ecco, Dio chiede il nostro amore: perciò si fa bambino. Nient’altro vuole da noi se non il nostro amore, mediante il quale impariamo spontaneamente ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella sua volontà. Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo guarire da quella brutta malattia che si chiama orgoglio e che ci porta ad ostentare falsa grandezza sciupando e rendendo difficili tutte le nostre relazioni.
Non solo, ma questo modo di manifestarsi da parte di Dio ci insegna ad amare i piccoli, i deboli. Il bambino di Betlemme dirige il nostro sguardo verso tutti i bambini: pensiamo ai bimbi non nati perché rifiutati da una società egoistica, pensiamo ai bambini che, come soldati, vengono introdotti in un mondo di violenza e sono costretti a imbracciare armi; pensiamo ai bambini che devono mendicare perché soffrono la miseria e la fame; i bambini che sperimentano la più insopportabile delle povertà che è quella di essere rifiutati, di non essere amati da nessuno. E lasciatemi dire, carissimi, ce ne sono davvero tanti, troppi!
Preghiamo dunque in questa notte santa, carissimi, affinché il fulgore dell’amore di Dio accarezzi tutti i bambini, e chiediamo a Dio di aiutarci a fare la nostra parte perché sia rispettata la dignità di tutti i piccoli del mondo; che per tutti sorga la luce dell’amore, quella luce di cui l’uomo ha più bisogno, più di ogni altra cosa.
Natale è diventato così la festa dei doni per imitare Dio che ha donato sé stesso a noi. Lasciamo dunque che il nostro cuore, la nostra anima e la nostra mente siano toccati da questo immenso dono. Nella stalla di Betlemme cielo e terra si toccano. Il cielo è venuto sulla terra. Il cuore di Dio nella notte santa si è chinato giù fin nella stalla: Ecco l’umiltà di Dio. Proviamo a pensare: Chi si accorse della nascita di Gesù? Maria e Giuseppe, i pastori… dai racconti non risultano altre presenze. Anche oggi ci sono tanti che, al di là della scenografia commerciale del Natale, non si accorgono dell’immenso dono che Dio ci fa.
E vorrei concludere, perciò, carissimi, con un sincero augurio: Che tutti ci accorgiamo della grandezza del mistero e lo viviamo in pienezza!
AMEN!