OMELIA
II DOMENICA DI PASQUA IN ALBIS
DELLA DIVINA MISERICORDIA
Andria, Chiesa di Gesù Misericordia, 19 aprile 2020
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Siamo alla seconda domenica di Pasqua, i libri liturgici così ce la presentano: non la “Domenica dopo Pasqua”, quasi che Pasqua fosse un mistero ormai già celebrato, passato No! Questa è la seconda domenica di Pasqua, cioè la Chiesa celebra lo stesso mistero e per tutte le domeniche di Pasqua sarà sempre così. Pasqua non è mai un mistero compreso, capito, passato. Pasqua è un mistero di cui noi siamo sempre contemporanei. Dobbiamo insomma usare i verbi al presente perché Pasqua è adesso, ora, oggi!
Ci aiuta il Vangelo di San Giovanni ci racconta come sono andate le cose nel gruppo dei discepoli a partire dalla sera di Pasqua. Al mattino c’era stato un grande via vai verso la tomba di Gesù. Le donne che andarono al sepolcro perché dovevano completare le procedure per la sepoltura di Gesù e si preoccupavano: “Chi ci rotolerà via il masso dal sepolcro?” Ma quando stavano per arrivare al sepolcro, senza esservi ancora giunte, da lontano videro qualcosa di strano: la tomba era aperta e vuota. Ma gli angeli hanno svelato loro il mistero: “Voi cercate Gesù? Non è qui, è risorto! Andate a dirlo ai suoi discepoli!”. Così le donne corsero a portare l’annuncio agli apostoli che a loro volta corsero anch’essi verso la tomba. Davvero quella strada quel giorno dovette essere un frenetico via vai, di uomini e di donne che andavano a vedere la novità e portavano ad altri questa notizia. Poi si fa sera e gli apostoli sono riuniti; è finita una giornata misteriosa, straordinaria, tutta da capire!
C’è questa notizia della tomba vuota, c’è la notizia data dagli angeli che Gesù è risorto, c’è anche un appuntamento dato da Gesù risorto ai suoi: “Dite ai miei discepoli che vadano in Galilea. Comunque sia, la sera di quello stesso giorno – ecco allora il Vangelo di oggi – il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei… Ecco una cosa che ci fa riflettere: c’era già stata la resurrezione e le porte del cenacolo erano chiuse. Evidentemente questi apostoli credevano e non credevano; conviveva nel loro cuore la fede e il dubbio, la certezza e la paura, il timore e la gioia.
Vedete, cari amici. la fede non è mai allo stato puro nel nostro cuore, a volte anche in noi è così: la fede convive col dubbio; mentre crediamo, però poi ci assale il dubbio; mentre vogliamo essere annunciatori del Signore, poi ci prende la paura: ecco il senso di quelle porte chiuse; non si sa mai, meglio tenere le porte chiuse! Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Anche con le porte chiuse Gesù viene, sfonda le porte del dubbio e della paura e si presenta davanti ai suoi amici.
Certo, i discepoli, non erano pronti a quell’incontro; sì, la tomba era vuota, ma loro si portavano nel cuore mille scrupoli forse avevano anche paura di Gesù, che rinfacciasse il tradimento, l’abbandono di poche ore prima. Però Gesù rompe ogni paura e dice: “Pace a voi!”. Gesù non rinfaccia niente, E giustamente San Giovanni che racconta annota: I discepoli gioirono nel vedere il Signore che compie un gesto importantissimo: mostrò loro le mani e il costato. Lì c’erano i segni della passione che rendevano riconoscibile Gesù che si presenta loro come il Crocifisso risorto.
Croce e gloria sono lo stesso mistero! Mostrando le mani e il costato, Gesù vuole aiutare i suoi discepoli a far sintesi di fronte a quel mistero, li vuole aiutare a capire perché loro sono ancora molto incerti, e prosegue: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi!”. Che mistero: Gesù si fida di questa gente e a questa gente affida il compito di annunciarlo. Allora questa pagina del vangelo ci chiede di prendere coscienza della nostra identità: noi siamo “mandati”, non possiamo vivere la fede per conto nostro o come un fatto privato! Noi siamo mandati!
Abbiamo fatto l’esperienza della Pasqua, facciamo ogni domenica l’esperienza dell’incontro col Signore, non ce lo possiamo tenere per noi: Noi siamo mandati, non lo dimentichiamo mai! Abbiamo una responsabilità di fronte al mondo, non ce ne possiamo disfare chiudendoci in una religiosità solo privata, in un rapporto solitario col Signore. Gesù ci manda e poiché sa che noi siamo povera gente, pieni di contraddizioni e di peccati, ecco che ci arricchisce del dono dello Spirito Santo. Ci ha detto l’evangelista: Detto questo Gesù alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo!”.
Noi abbiamo ricevuto questo dono nel battesimo, confermato nella cresima, siamo abilitati ad essere testimoni del Signore. Non ci manca niente come grazia! Forse quello che manca è la nostra convinzione, il nostro impegno, la nostra decisione.
Ma torniamo a quella sera. Ha rilevato il racconto che mancava Tommaso e gli amici sentono la gioia di dire al loro amico: “Abbiamo visto il Signore!”. Per loro, certo, era una gioia, ma trovano resistenza nel loro compagno! “Non ci credo – dice Tommaso – non ci credo, perché non l’ho visto io!”. “No, non mi fido, devo vedere io, devo toccare io!”.
Chiediamoci, cari fratelli: Non è forse uguale la pretesa di tanti di noi? A volte pretendiamo di vedere, di toccare; la testimonianza dei compagni, degli amici non ci basta. vogliamo vedere, vogliamo toccare… E Gesù lo prende in parola: otto giorni dopo, la stessa scena, viene dai suoi a porte chiuse. Notate, sono passati otto giorni e le porte sono ancora chiuse…! Quanto è lungo e faticoso il cammino! Quanto è difficile passare da una fede incerta, dubbiosa ad una fede convinta! Sono passati otto giorni e dobbiamo presumere che in otto giorni si sia parlato di questa benedetta tomba vuota…; di Gesù che era apparso otto giorni prima…niente! Le porte erano ancora chiuse!
Viene da domandarci: non sono passati otto giorni, sono passati duemila anni, le porte della nostra comunità sono ancora chiuse o sono aperte? Qual è la nostra disponibilità, la nostra predisposizione verso il mondo, verso gli altri, verso quello che succede fuori? Che facciamo della nostra fede, della nostra Chiesa? Un rifugio dove stiamo tutti noi tra noi? “Tommaso, vieni qua – dice Gesù – volevi vedere, volevi toccare?” quasi a voler dire: “Ma te lo hanno detto i tuoi amici, fidati!”
Ecco, fratelli, la fede si trasmette per testimonianza, non si trasmette attraverso un vedere e un toccare. Tommaso naturalmente fa una figuraccia ma esclama: “Mio Signore e mio Dio”. Riconosciamolo, cari fratelli, chi di noi non ha mai avuto dubbi a riguardo della Risurrezione di Gesù? Ricordiamolo: noi facciamo parte di quella schiera innumerevole di persone che Gesù nel Vangelo di stasera chiama beati. Chissà che Gesù, quando disse quelle parole a Tommaso, non pensasse anche a noi, povera gente di questa stagione della storia, gente che si sforza di credere.
Sì, dice Gesù, “Beati quelli che pur senza aver visto crederanno”. Sì, Gesù parlava di noi: siamo tra quelli che non hanno visto il Signore ma viviamo una fede talmente forte, intrepida, coraggiosa che ci porta di fronte al mondo, ad annunciare Cristo, il Verbo della vita, la Parola dell’amore.
Accogliamo questo invito del Signore; immaginiamo che Gesù anche a noi, come agli apostoli, entra nelle nostre vite, nonostante le porte chiuse di questi giorni, dice: “Andate! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”.
“Andate! Io vi mando. Cercate di cambiare il volto di questo mondo, per portare gli uomini a Dio!”.