OMELIA
Epifania del Signore
Andria, 6 gennaio 2021
Carissimi fratelli e sorelle,
Si usa dire che la festa dell’Epifania chiude il ciclo natalizio. E invece dobbiamo dirci che con questa la festa dell’Epifania il mistero natalizio si apre, si apre a una significazione universale, si tratta, infatti di una festa dal forte significato missionario.
Se finora tutto il mistero si è realizzato all’interno del mondo ebraico, Betlemme, il censimento, i pastori, ora invece con l’arrivo dei Magi si vede chiaramente che questo mistero non può rimanere chiuso soltanto a un popolo, a un luogo del mondo, ma è un mistero aperto per tutti, tanto è vero che noi abbiamo pregato nel salmo responsoriale, recitando il ritornello: “Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”.
Il profeta Isaia nella prima lettura invitava Gerusalemme: “Alzati, rivestiti di luce perché alla tua luce cammineranno i popoli, tutti i popoli”. Ebbene, allora il primo significato da cogliere nella festa dell’Epifania è proprio questo, d’altra parte la parola epifania vuol dire rivelazione, manifestazione, un Gesù che non rimane chiuso nel buio, nel freddo e gelo di un rifugio di fortuna, ma che viene ad illuminare tutti i popoli. Proviamo a chiederci: Chi erano i vicini allora? Erano gli abitanti di Betlemme ma non si accorse di niente nessuno. e altrettanto a Gerusalemme, che era a due passi. E così pure tutte le autorità, a cominciare dal re Erode: neanche loro si sono accorti di niente.
E infatti, quando sono arrivati i magi, ci ha detto il testo evangelico, chiedevano in giro, a Gerusalemme: “Dove è nato il re dei Giudei? Dove si trova?”. E Matteo che racconta ci ha detto: “A quelle parole il re Erode rimase turbato e con lui tutta Gerusalemme”. Allora vedete. I vicini o non se ne accorgono proprio o nel migliore dei casi rimangono turbati, disturbati perché sono venuti a sapere che è arrivato un re e loro non ne sapevano niente. Invece i lontani, i magi si sono messi in cammino da lontano. Ecco, la differenza non è la collocazione geografica. Vicino e lontano è una qualità del cuore, dell’anima, per cui, oggi con il vangelo in mano ci tocca dire che vicini erano i magi che venivano da lontano ma che con umiltà si erano messi in cammino con l’ansia della ricerca nel cuore, la loro era ricerca della verità, della luce; i vicini invece sono i veri lontani. Erode, con tutti i suoi esperti, che perfino gli citano la Bibbia: “C’è scritto. A Betlemme di Giudea.”.
Allora, vedete, i profeti, li conoscevano, la parola di Dio la conoscevano, eppure erano lontani. Non è che può succedere pure a noi la stessa cosa? La parola di Dio la conosciamo, la ascoltiamo ogni domenica, alcune pagine quasi le conosciamo a memoria, ma non è che proprio noi siamo lontani, lontani con la mente, con il cuore, con la vita da quel Gesù che pur diciamo di conoscere, di adorare, di onorare in Chiesa con le nostre pratiche religiose? La domanda di fondo di oggi dunque è questa: ma noi siamo vicini o siamo lontani? Siamo cristiani battezzati, cresimati, sposati in Chiesa, ma…siamo vicini o siamo lontani da Gesù, dalla sua parola, dal suo vangelo? I lontani, quelli che noi giudichiamo tali, che magari non hanno la fede o non sono praticanti, siamo proprio sicuri che siano lontani? Non è che per caso, talvolta ci troviamo di fronte a persone che, pur catalogati lontani, si rivelano poi molto più vicini nel cuore al Vangelo di Gesù?
Torniamo ai Magi, questi misteriosi personaggi che si sono messi in cammino da lontano e sono andati alla ricerca, pur essendo uomini sapienti, la loro sapienza non li ha chiusi nell’orgoglio. La vera sapienza si sposa alla perfezione con tanta, tanta umiltà. Il vero sapiente non è colui che sa tutto, ma è colui che è convinto che ciò che sa è niente in confronto alla vita, al mondo e alla storia e che quindi, pur sapendo tanto, ha sempre voglia di capire e si mette in discussione, si mette in cammino e sa cercare, sa chiedere anche consigli con umiltà. I magi ci danno questa lezione: lezione di umiltà; sono stati uomini capaci, in base soltanto ad una intuizione, di fare un cammino lungo, faticoso ma sono andati, non hanno cacciato questo pensiero come una cattiva tentazione, non si sono lasciati vincere dalla pigrizia e, forse è il caso di dire che la pigrizia è amica intima dell’orgoglio; quando uno è orgoglioso è anche pigro, vuol dire che non ha voglia di imparare e ritiene di star bene così.
Poi ancora questi misteriosi magi vanno da Gesù e gli portano dei doni simbolici: oro incenso, mirra. Attraverso questi doni essi dichiarano la fede senza sapere nulla; soltanto in base a un impeto del cuore, dichiarano la fede in chi è quel bambino che loro sono andati a trovare. L’oro: è un re, anche se quando poi morirà non avrà sul capo una corona d’oro, ma una corona di spine. L’incenso: è un Dio, quel bimbo è Figlio di Dio. La mirra: profumi preziosi che già fanno intravedere il destino di morte a cui sarà sottoposto questo bimbo quando diventerà grande, i profumi con cui andranno le donne a ungere il corpo di Gesù ma non lo trovano più perché nel frattempo Gesù è risorto.
E infine un’ultima riflessione. Erode dice ai magi: “Andate, poi tornate e ditemi dove sta perché anch’io voglio andare ad adorarlo”. Ci dice il Vangelo che i magi, invece, avvertiti in sogno non andarono da Erode ma per un’altra strada tornarono ai loro paesi. Ecco, io credo che anche noi dovremmo avere il coraggio qualche volta, quando usciamo di chiesa, di prendere altre strade, strade nuove che sa inventare la fede, la fantasia, il coraggio di chi ha capito chi è Gesù e non può tornare a fare le stesse cose di prima, si decide a cambiare per altre strade.
Ecco, io voglio augurarmi che tutti oggi sapremo tornare alle nostre occupazioni di sempre per altre strade, strade nuove, strade che davvero danno un volto nuovo alla nostra umanità. Ne abbiamo davvero tanto bisogno!