Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da:
– uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
– una croce astile a un braccio traverso, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
– un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;
– un cartiglio inferiore, con estremità bifide, recante il motto scritto abitualmente in nero.
Nel nostro caso si è scelto uno scudo di foggia gotica, classico e frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica e una croce trifogliata in oro, gemmata con cinque pietre rosse che richiamano le Cinque Piaghe di Cristo.
Descrizione araldica (blasonatura) dello stemma del Vescovo Mansi
“Di rosso, all’agnello passante e rivoltato d’argento, nimbato d’oro, tenente tra le zampe anteriori un vessillo del secondo, caricato di una croce del primo, con il petto ferito e sanguinoso di rosso, sostenuto da un libro aperto del secondo; al capo dell’ultimo, caricato di una corona di spine del primo”
Interpretazione
Il “campo” principale dello scudo è in rosso, il colore della carità, dell’amore e del sangue: l’amore intenso e incommensurabile del Padre misericordioso che manda il Figlio a versare il proprio sangue, a sacrificarsi per noi, per noi tutti, come l’agnello che viene immolato per ottenerci la salvezza, ma che – come dice l’Apocalisse (5,6) – è “ritto in piedi”, cioè vittorioso, risorto. Ed è di grande significato il fatto che l’agnello sia sul libro della parola “aperto”. E’ dalla Parola fatta carne che si è riversata sul mondo il fiume della grazia uscito dal cuore di Dio Padre.
Nel “capo” dello scudo campeggia una corona di spine per richiamare la Sacra Spina di Andria, arrivata qui nel 1308, dono della principessa Beatrice d’Angiò nell’anno del suo matrimonio. Essa è rappresentata in rosso per significare il singolare evento, osservato per prima volta nel 1633 e che viene identificato come il prodigio della Sacra Spina di Andria; infatti, quando la ricorrenza
dell’Annunciazione, ossia il 25 marzo, coincide con il Venerdì Santo, la spina si ravviva, diventando del colore del sangue. Tale coincidenza di date si è verificata nel’anno di elezione del Vescovo Luigi, dopo l’ultima volta avvenuta nel 2005.
Lo sfondo della corona è in argento che in araldica è il simbolo della trasparenza, quindi della Verità e della Giustizia, doti su cui poggia l’impegno pastorale del Vescovo; inoltre, la trasparenza identifica anche il concetto di purezza, la purezza della Beata Vergine Maria, nostra Madre Celeste alla cui protezione il Vescovo affida il suo nuovo ministero pastorale.
Il motto: “VERBUM CARO FACTUM EST” (Gv 1,14)
Per il proprio motto episcopale il Vescovo Luigi ha scelto questa affermazione, forte e concisa, dell’evangelista Giovanni che sintetizza l’evento dell’Incarnazione, dopo i precedenti versetti che
contemplano l’esistenza eterna descrivendola con le ben note parole: «In principio era il Verbo» (Gv 1,1). Questa visione giovannea, è per il Vescovo un programma di vita e di ministero. Infatti egli si propone di dare in certo modo continuità al mistero dell’incarnazione, per far sì che la Parola di Dio, che si è fatta carne e storia nella vicenda terrena di Gesù Cristo, Verbo incarnato, conservando la centralità del Signore crocifisso-risorto, continui a farsi carne e storia nella propria vita e nella vita delle persone a lui affidate.