In questo tempo di emergenza sanitaria e distanziamento sociale per contenere il contagio, tenendo presente che la Casa di Accoglienza “S. M. Goretti” della Diocesi di Andria offre solo servizi diurni e che non vi sono sul territorio luoghi per un’accoglienza notturna di persone che vivono per strada, parlando e confrontandomi con il Vescovo della nostra diocesi di Andria, mons. Luigi Mansi, abbiamo ritenuto conveniente allestire un rifugio per dare sostegno concreto alle situazioni di fragilità sociale ed economica. Praticamente abbiamo preso in fitto alcune stanze, proprio per dare concretezza a quel: “restate a casa”.
È, questa, l’ennesima risposta alle tante carenze del nostro territorio. Una risposta momentanea che corre in aiuto di chi vive nelle difficoltà economiche e sociali, non è in grado di provvedere autonomamente a soluzioni abitative, è privo di sostegno familiare oppure la permanenza nel nucleo familiare è temporaneamente compromessa dal sopraggiungere di varie problematiche.
Il nostro vuole essere un segno di attenzione nei confronti di tutte quelle persone che nel momento del bisogno non trovano il sostegno dei vai servizi territoriali preposti a trovare soluzioni per mettere in atto quel concetto di “welfare sociale” tanto promosso.
Nelle settimane scorse, la vita di tantissime persone è cambiata inaspettatamente. Per molti, rimanere a casa è stata un’occasione per riflettere e fermare i frenetici ritmi della vita. Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire incerto, per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé.
Il tempo vacillante di questa nuova stagione ci mette di fronte al bisogno sempre più impellente di aiutare quelli della “prima volta”. Quelli che la ripresa del lavoro è dura; quelli che hanno contratto mutui, affitti onerosi per le loro attività commerciali e artigianali che stentano a decollare nuovamente; quelli che il peso delle troppe incognite hanno reso fragili dal punto di vista psicologico e quelli che hanno bisogno di trovare una nuova strada per sostenere la propria vita e quella dei propri cari.
La pandemia non faccia dimenticare il dramma degli sfollati, dei senza tetto, dei senza fissa dimora, meglio dire degli uomini e delle donne evitando inopportune categorie (il migrante, il barbone, il pensionato, l’africano, il clandestino…).
Il messaggio del Papa per la 106.ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 27 settembre, è dedicato alla “tragica condizione” spesso “invisibile” degli sfollati interni. Nei loro volti, afferma Francesco, si riflette quello di Gesù profugo. Non si dimentichino gli sfollati interni e “tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid-19”. È questa l’esortazione con cui si apre il messaggio del Papa che ha per titolo: “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”.
A guerre, conflitti e disastri ambientali, si aggiunge in questo tempo anche la piaga della pandemia. Il loro è spesso un dramma silenzioso e dimenticato. Papa Francesco sottolinea che in seguito alla crisi, “iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane”, sono relegati “in fondo alle agende politiche nazionali”. Ma “non è questo il tempo della dimenticanza”: papa Francesco invita a ricordarci delle tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone.
Questo non è il tempo per spadroneggiare e approfittare della debolezza altrui per il proprio tornaconto. Ora più che mai si rivaluti il concetto di bene comune e di tutti, da condividere equamente e solidalmente.
Permettetemi di ringraziare quanti, dietro le quinte, volontariamente si mettono in gioco: prestano l’arte del loro sapere mettendo al servizio la loro professionalità, svolgendo le mansioni più difficili, quelle che richiedono discrezione, tatto e pronta umanità. Grazie ai volontari che prestano il loro servizio presso Casa Accoglienza e che assieme agli operatori sono strumenti della carità insostituibili di una scacchiera complessa, soprattutto nei momenti come questo. Uomini e donne che non chiedono ma donano concretezza e prontezza alle più svariate richieste per rendere meno greve il peso dei dilemmi che affliggono il nostro tempo.
Don Geremia Acri e i Volontari