Festa liturgica di San Riccardo

Patrono della Diocesi e della Città di Andri

 

OMELIA
Solennità di San Riccardo
Andria, Chiesa Cattedrale, 9 giugno 2021

Carissimi fratelli e sorelle,
Il nostro Santo Patrono, il Vescovo San Riccardo, attraverso la pagina evangelica che ci è stata proclamata, orienta la nostra attenzione e la nostra riflessione sulla figura di Gesù Pastore. E penso che dobbiamo sentirci chiamati in causa innanzitutto noi, ministri ordinati, Vescovo, Presbiteri e Diaconi, che per la nostra specifica vocazione siamo chiamati ad essere immagine viva, credibile e – direi – convincente di Gesù sommo Sacerdote e Pastore.
Certo, le riflessioni possibili si estendono poi anche all’intero popolo di Dio, a cominciare da quanti ricevono un Ministero particolare, come quello della Comunione Eucaristica. Alcuni nuovi ministri li istituiremo proprio oggi. L’intero popolo di Dio, guidato e sostenuto da noi pastori, è chiamato a prendersi a cuore l’annunzio del Vangelo e a realizzare l’animazione cristiana della realtà nella quale il Signore ci chiama a vivere. E questo soprattutto alla luce del periodo particolarissimo che abbiamo vissuto e ancora stiamo vivendo, nel quale abbiamo assistito al fatto che tanti, soprattutto nelle fasce giovanili, si sono di fatto allontanati dalla partecipazione alla vita di chiesa.
Io sono il buon pastore, il buon pastore offre la vita per le pecore” esordisce Gesù nel testo di S. Giovanni che ci è stato proclamato. Sappiamo bene che la traduzione impoverisce di molto la forza del testo originale. Il testo greco usa un aggettivo – “kalòs”-  che vuol dire molto di più che “buono”. Più che “buon” pastore, che ci fa pensare semplicemente ad un pastore che ha un buon animo, che ha buone maniere, caratterizzate da dolcezza e tenerezza, che perdona sempre …dovremmo dire, per farlo risaltare nel suo vero senso: “Io sono il “vero” pastore”.
Anche perché il titolo veniva usato nel mondo ebraico del tempo di Gesù per indicare coloro che esercitavano i pubblici poteri di governo del popolo. Gesù ci dice, invece: Io e solo io mi prendo davvero cura di voi, vi proteggo, vi difendo, vi porto a salvezza. E, provando ad entrare nelle parole di Gesù, potremmo aggiungere: Egli realizza tutto questo non solo e non tanto semplicemente come nostro maestro, dandoci cioè insegnamenti preziosi e decisivi per arrivare alla meta; non solo e non tanto mettendoci in guardia e proteggendoci da tutti quei falsi pastori, falsi maestri che carpendo la nostra fiducia ci fanno sognare e desiderare paradisi terreni. No! Ci ha detto Gesù con parole inequivocabili: “Il buon pastore offre la vita per le sue pecore”.
Non penso di sbagliarmi se dico che i discepoli, quando Gesù ha detto queste parole non le abbiano comprese nel loro vero senso, direi nel loro vero “peso”. Hanno cominciato a comprenderle solo quando, alla luce della Pasqua, hanno ripensato al loro maestro che aveva dato la vita, non in senso metaforico ma reale, cioè quando hanno ripensato al mistero della morte in croce. E così anche noi, carissimi fratelli nel ministero, non smettiamo mai di chiederci se il nostro popolo, pensando e guardando noi, si convince che davvero noi stiamo dando la vita per la salvezza di quanti sono affidati alle nostre cure. Sì, carissimi fratelli nel ministero, noi stessi non dobbiamo mai smettere di chiederci con un esame di coscienza quotidiano, costante, coraggioso, se davvero stiamo dando la vita per il gregge del Signore, che egli stesso ci ha affidato, a partire dal giorno in cui siamo stati ordinati.
Se per un verso la croce provocò l’iniziale sconcerto dei discepoli, tanto è vero che fuggirono tutti, quando poi entrarono nella luce della Pasqua, ripensarono a tutte le parole dette dal maestro e cominciarono a comprenderle in un modo assolutamente nuovo e imprevedibile. E diciamoci, con un sussulto di amore alla verità, che siamo ancora e sempre tutti impegnati nella fatica quotidiana di comprendere quello che il Signore ci vuole dire mandandoci nel mondo ad annunciarlo e soprattutto a testimoniarlo. Guai a pensare che abbiamo capito già tutto!
Una cosa è certa: noi, che di Gesù Pastore siamo prolungamento, immagine viva per gli uomini e le donne del nostro tempo, dobbiamo essere più che mai convinti e dunque pronti non solo e non tanto a diffondere le sue dottrine, magari giustamente preoccupandoci di farlo in maniera fedele rispetto a ciò che Lui ha detto e fatto, ma dovremmo – credo – prendere davvero sempre più sul serio quello che Gesù dice di sé: “Il buon pastore dà la vita per le sue pecore”.
Cioè, non si tratta di fare semplicemente i maestri di chi non lo conosce e nemmeno di fare i soccorritori di chi è in difficoltà, cose tutte di per sé importantissime, anzi necessarie e indispensabili, qui si tratta di “dare la vita”. Sì, dare la vita, sapere che non ci apparteniamo più, che non abbiamo nulla di nostro da mettere in salvo, come singoli, come comunità e come Chiesa nel suo insieme: il tempo, le cose, la reputazione, i beni, la salute, proprio come Lui, che non ha pensato di mettersi in salvo, ma ha dato se stesso, “fino alla fine” dirà l’evangelista Giovanni introducendo i racconti della passione.
Il nostro protettore san Riccardo ci ricorda oggi ancora una volta, carissimi, che abbiamo bisogno di dirci che non siamo mercenari, anche se esperti, preparati, competenti ma, in fondo, pur sempre, semplici esecutori di quanto ci viene comandato. Visto che Gesù mette a confronto sé stesso con la figura del mercenario, al quale non importa nulla delle pecore, non sembri esagerato che oggi, in questa solenne circostanza, nella quale guardiamo al santo Vescovo Riccardo, nostro Patrono, con timore e tremore proviamo con umiltà a dirci, ricordandocelo gli uni agli altri, che noi non siamo mercenari, ma stiamo dando la vita, seguendo l’esempio del Signore e del nostro santo protettore.
Credo che oggi proprio il nostro protettore San Riccardo ci solleciti a porci seriamente questa domanda, senza dare per scontata la risposta: Ci sta a cuore, ci importa, ci fa star male il pensiero dei tanti nostri fratelli che non lo conoscono o lo conoscono in maniera distorta, incompleta? E ancora, proviamo a dirci con un po’ di coraggio che forse non lo conoscono perché non hanno ancora trovato nessuno che ha fatto assaporare loro la gioia di aver trovato in Lui il senso dell’esistenza, la risposta agli interrogativi più profondi della vita. O forse hanno ricevuto un annuncio corretto sul piano formale, ma dai colori sbiaditi sul piano del coinvolgimento affettivo ed effettivo? Insomma, carissimi, andiamo al cuore della questione e domandiamoci: stiamo dando la vita a Cristo, alla Chiesa, al mondo? Dobbiamo sapere che se non vigiliamo su noi stessi e sullo stile della nostra vita, possiamo scadere nella possibilità di diventare mercenari.
Che Gesù, sommo ed eterno sacerdote, con l’intercessione del nostro santo vescovo Riccardo, ci tenga lontani da questo pericolo e ci renda ogni giorno di più annunciatori gioiosi, forti e miti della Grazia che ci salva.
AMEN!