Letture:
Gen 15,5-12.17-18
Sal 26
Fil 3,17-4,1
Lc 9,28b-36
Carissimi Confratelli, carissimi fratelli e sorelle,
siamo alla seconda tappa del cammino quaresimale. Vorrei innanzitutto soffermarmi con voi per qualche momento sul brano della lettera di San Paolo ai Filippesi. Nella comunità di Filippi, stando a quello che ci fa intuire l’apostolo, ci dovevano essere delle situazioni di scandalo, c’erano dei cristiani che facevano parlar di sé perché davano dei cattivissimi esempi. E dunque, comprendiamo perché san Paolo dice: “Fatevi miei imitatori”. Certo lui se lo può permettere di dire così, lui è san Paolo e dice alla sua gente: “Voi dovete imitare me, dovete ricopiare quello che faccio io”.
Carissimi Confratelli e carissimi tutti, di sicuro nessuno di noi potrebbe dire una cosa del genere perché sappiamo quello che siamo, siamo fragile e peccatori tutti quanti. Poi più avanti, con ancor più durezza, dice: “Molti, ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto, molti si comportano da nemici della croce di Cristo”. Sono parole che ci fanno tremare; l’apostolo Paolo, con animo mortificato, con infinita tristezza dice a questa comunità: “State attenti perché in mezzo a voi ci sono persone che sono nemici della croce di Cristo. Non li imitate, sappiate identificarli, prendete le distanze. Cercate, invece, di imitare, imitate me, imitate gli esempi che vi ho dato io”.
Carissimi, la domanda che stasera abbiamo quasi paura di farci è questa: non è che per caso anche noi siamo nemici della croce di Cristo? E cosa vuol dire essere nemici della croce di Cristo? San Paolo più avanti spiega: “Essi hanno come dio il loro ventre e si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra”. Ecco che cosa vuol dire essere nemici della croce di Cristo e le parole sono veramente ruvide. Penso che uno degli elementi che oggi si vada perdendo nella cultura contemporanea è proprio la vergogna, non ci si vergogna più di niente, anzi addirittura ciò di cui ci si dovrebbe vergognare a volte viene offerto con sfrontatezza, con durezza, direi, con sfacciataggine.
Esaminiamoci allora di fronte a questa provocazione che ci viene da Paolo: non è che per caso anche noi siamo tra questi che fanno piangere l’apostolo? Ci sono nemici della croce di Cristo tra noi? Voglio sperare di no, ma tutti facciamo il nostro esame di coscienza.
Poi veniamo ad una seconda riflessione, che ci viene suggerita dalla pagina evangelica della trasfigurazione. Gesù che sale sul monte e porta con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e si trasfigura davanti a loro. Proprio qualche giorno prima Gesù aveva cominciato a parlare ai discepoli della sua passione. Essi avevano in Lui ormai una fiducia assoluta, pensavano veramente che Gesù avrebbe risolto tutti i loro problemi, lo avevano già cominciato a proclamare messia, ma pensavano a un messia sociale, politico, a uno che avrebbe finalmente liberato il popolo dalla soggezione romana. Quando invece Gesù parla di amore dei nemici fa certamente discorsi belli, ma difficili da prendere sul serio! Amare i nemici: come si fa?! In quel momento i nemici erano i romani che calpestavano la dignità di un popolo, a cui infliggevano continui soprusi e lutti per tante azioni violente. I discepoli cadono dalle nuvole: “Ma allora noi siamo i discepoli di uno che va a morire ammazzato? Per carità! Se questa è la nostra fine forse è meglio tornarcene a casa…”. Erano perciò in crisi seria, come del resto siamo in crisi noi tutte le volte che incrociamo sulla nostra strada la sofferenza, il dolore, la sconfitta, l’insuccesso e qualche volta ce la prendiamo pure con Dio. La fede a volte attraversa la crisi, è normale, non ci dobbiamo meravigliare che accada né ci dobbiamo accanire a negarlo. Non facciamo i finti forti, perché la fragilità ci tocca tutti.
Allora la trasfigurazione è proprio la risposta di Gesù alla crisi dei discepoli, ad ogni nostra crisi, soprattutto per voi, carissimi Davide e Francesco, che oggi venite ufficialmente ammessi tra i candidati agli ordini Sacri in questo gioioso contesto di vita ecclesiale. Il Signore idealmente ci porta sulla montagna e in un attimo, dice il vangelo, si trasfigura: “Il suo volto cambiò d’aspetto, la sua veste divenne candida e sfolgorante”. Gesù manifesta il suo essere persona divina accompagnato da due figure della prima Alleanza, Mosè ed Elia, che appaiono in questo contesto e parlano con Lui. E Luca ci tiene a specificare: “Parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme”. Quindi parlavano proprio della passione, di quelle cose che i discepoli non volevano sentire, di quelle cose che li avevano portati alla crisi.
Pietro e i suoi compagni erano presi dal sonno ma lo spettacolo era bello da vedere per cui resistettero a tenere gli occhi aperti e videro la sua gloria. Parole inequivocabili: videro la sua gloria. Ma si è trattato di un attimo perché subito tutto si spegne. Pietro prova a chiedere: “Maestro, è bello per noi stare qui”, come per dire: “Non spegnere la visione, non spegnere i riflettori, è bello, ferma tutto così”. Pietro ha tentato l’impossibile, ha tentato di fermare il tempo perché lui non voleva scendere, aveva capito cosa lo aspettava con Gesù: la crisi, la passione, il dolore. Ma proprio mentre Pietro dice queste cose un po’ insensate – tanto è vero che Luca commenta: ma lui non sapeva quello che diceva – dalla nube luminosa uscì una voce che disse: “Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo”.
Carissimi, prendiamo consapevolezza che questa voce oggi è per noi, soprattutto per voi, Davide e Francesco! Per noi in perenne crisi di fede il vangelo di oggi fa scendere questa voce: “Ascoltatelo. È lui il Figlio di Dio, non abbiate paura, anche quando il dubbio vi assale perché vedete che è tutto nero intorno a voi e dentro di voi, anche quando avete l’impressione che seguire Gesù sia una cosa da perdenti, da sconfitti, è Lui l’eletto. Ascoltatelo, fidatevi di Lui”.
Questo è il messaggio del vangelo della trasfigurazione, carissimi tutti: fidiamoci di Gesù, smettiamola di essere cristiani eternamente tiepidi, pieni di dubbi, di incertezze, che non fanno mai la scelta decisiva per Gesù, la scelta di essere davvero suoi discepoli. Ascoltiamo Gesù e certamente la sua parola ci guiderà in ogni momento. E non solo la sua parola, soprattutto il suo esempio: Gesù si trasfigura – dice Luca che racconta – mentre prega.
Ecco l’ultima riflessione oggi. La vogliamo dedicare al valore della preghiera: se noi preghiamo di più – è un impegno che ci siamo presi per la Quaresima, ricordate? Vescovo, Ministri ordinati, giovani in cammino di formazione e popolo di Dio, insieme – se preghiamo di più, anche noi ci trasfiguriamo e diventiamo veri discepoli di Gesù che operano con gioia e generosità per trasfigurare il mondo e non nemici della croce di Cristo.