OMELIA
XVIII Domenica del tempo ordinario
Andria, 1° agosto 2021
Letture:
Es 16,2-4.12-15
Sal 77
Ef 4,17.20-24
Gv 6,24-35
Carissimi,
per accogliere la pagina del Vangelo che ci è stata donata oggi dobbiamo ripensare un attimo a quella di domenica scorsa. Gesù ha compiuto un segno straordinario, la moltiplicazione dei pani e ha sfamato una grande folla, ma questo segno dalla folla è stato frainteso, non compreso. E così la gente lo cerca per farlo re, ma il Signore si sottrae.
Gesù smaschera i fini di questa ricerca, perciò dice: ‘Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Che è come dire: voi mi cercate per il pane, non perché vi interessa quello che vi dico, anzi, non lo ascoltate nemmeno. Il Signore ha compiuto il segno affinché loro potessero cominciare a comprendere che la vera vita nasce dalla relazione che noi riusciamo a realizzare con Lui. Ma loro e forse anche noi continuano a leggerlo solo nell’orizzonte dei bisogni della natura umana.
Cristo Gesù, che vorrebbe intraprendere con ciascuno di noi una relazione intensa e decisiva per il senso da dare alla nostra esistenza, diventa spesso uno che è cercato solo perché soddisfa alcuni bisogni della nostra vita materiale: la salute, innanzitutto, poi le varie necessità della vita concreta, per le quali lo preghiamo in continuazione. Da una realtà vitale, personale e comunionale, insomma, si scade a una relazione di carattere commerciale.
Oggi abbiamo ascoltato il Signore che ci ha detto: “Io sono il pane della vita” e questa è la vita di figli, la vita divina in noi, non la vita intesa come puro fatto biologico che scorre secondo le sue regole. La differenza, come possiamo ben vedere, è sostanziale perché, tra l’altro, anche volendo orientarci a Dio sappiamo bene che non lo potremo mai fare da soli, Ecco perché Giovanni, nel raccontarci il dialogo notturno di Gesù con Nicodemo, diceva che “bisogna rinascere dall’alto”.
In qualche modo sembra che Cristo stesso li metta alla prova con quel “Datevi da fare” quando chiedono quale opera devono fare, cosa devono compiere per fare l’opera di Dio, evidenziano la mentalità di chi si aspetta semplicemente una nuova legge, o almeno nuove regole per definire cosa fare e cosa non fare.
La differenza è enorme, Cristo li ha indotti su questa strada per far capire che non è più una questione esterna di compiere qualcosa, ma è Lui che è la vita filiale, è Lui che è il nutrimento di questa vita e che questa è l’opera di Dio, tanto è vero che alla fine si comincia già ad intravedere che “nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato”.
È un passaggio decisivo, non è più che uno si avvicinerà a Dio perché compirà qualcosa, ma è Dio che in Cristo si è avvicinato tanto da rendersi vita degli uomini e nutrimento per quella vita, affinché quella vita possa essere veramente dinamica, attiva secondo il volere di Dio.
Si tratta insomma nello spostare l’attenzione da una religione che consiste solo nella cura dell’esteriorità ad una che invece consiste nella vita che viene accolta da Dio e a sua volta da noi donata ai fratelli che ci vivono accanto. La vera fede insomma non può essere sostituita o ridotta ad un culto. Se ci fermiamo alla mentalità secondo gli orizzonti della natura non riusciremo mai a cogliere mai a cogliere la totalità della persona. Solo ciò che per mezzo dello Spirito Santo è donato a noi in Cristo che è il Figlio, solo lì possiamo cogliere il mistero, il senso di tutta la nostra esistenza, che si nutre e si plasma avendo come modello di umanità da realizzare in noi quello dell’umanità vissuta dal Figlio di Dio che è Cristo.
Perciò dobbiamo pregare perché tutti i bisogni che noi possiamo sentire a partire dalla nostra realtà umana trovano il loro modello e il loro nutrimento giusto in questa vita filiale che Cristo ci offre. Ecco perché Gesù dice: “Se non mangiate la carne del figlio dell’uomo non avrete in voi la vita”. Se invece cerchiamo di rispondere ai bisogni a partire da noi stessi, anche se in nome di pratiche religiose e di ragionamenti ben confezionati, si rimane sulle proprie orme e pur credendo di cercare Gesù non si esce da sé stessi e non si accoglie ciò che veramente nutre l’uomo perché lo apre. Perché il nutrimento stesso è proprio l’accoglienza di questa vita nel Figlio.
E perciò, carissimi fratelli, meditando su questa intensa pagina del Vangelo, chiediamo al Signore metta nel nostro cuore un’autentica, intensa e duratura fame e sete di Lui!