Omelia nel V anniversario dell’Ordinazione Episcopale

16-03-2021

OMELIA
nel V anniversario dell’Ordinazione Episcopale
Andria, 16 marzo 2021

Carissimi Confratelli, Carissimi Fratelli e sorelle della Chiesa di Andria,
sono trascorsi ben cinque anni da quando il Signore mi ha donato il sacro Ordine dell’Episcopato e pertanto son cinque anni che camminiamo insieme. Vi confido che il sentimento che prevale in me in questo momento è la gratitudine immensa alla Santissima Trinità per tanta grazia che ci ha concesso di condividere insieme in questi anni. Mentre vi esprimo tutta la mia riconoscenza per questa espressione di affettuosa vicinanza che oggi mi permettete di sperimentare, rinnovo con gioia l’unico desiderio che mi anima da quando son venuto, ed è quello di camminare con voi sulle vie del Signore, per rispondere alle sfide del tempo, ora ancor più di allora, a causa degli eventi dolorosi legati all’attuale diffusione del coronavirus, eventi che stanno provocando sofferenze e forti preoccupazioni al nostro popolo, al quale tutti non dobbiamo mai smettere di volere un mondo di bene
Ricordo che quando sono arrivato in mezzo a voi erano i primi giorni del tempo pasquale. Oggi, invece, siamo nel pieno del cammino quaresimale e in questo martedì della IV settimana nella Parola che il Signore ci ha donato è di scena l’acqua, a cominciare dalla prima lettura nella quale il profeta Ezechiele vede un torrente di acqua che scaturisce dal tempio e porta vita nuova e abbondante dovunque giunge. Nel brano evangelico poi la scena si svolge a Gerusalemme, presso la piscina di Betzada che era presso la porta delle pecore. C’era la speranza per tanti ammalati che se fossero riusciti a farsi calare in acqua in certi particolari momenti, sarebbero guariti. Un paralitico, ci ha raccontato l’evangelista Giovanni, era lì nientemeno che da trentotto anni, ma non avendo trovato mai nessuno che lo aiutasse a calarsi in acqua, aveva amaramente rinunciato alla guarigione. Stranamente, però, l’uomo guarisce, ma non per la virtù taumaturgica dell’acqua, bensì per la potenza della parola di Gesù che gli dice: “Alzati, prendi la tua barella e cammina
La riflessione che oggi la pagina evangelica ci chiede di fare è davvero ricca. Innanzitutto guardiamo alla solitudine del povero paralitico. Non ha nessuno che si prenda cura di lui e al momento opportuno lo possa aiutare calandolo nella piscina. In questo modo egli incarna la condizione umana che, tante volte, è segnata dolorosamente dalla solitudine. Non solo la malattia, ma anche l’assenza di un vero amico che ti possa tendere una mano. Questa situazione è una immagine di ciò che il peccato provoca nella nostra vita, ci isola da relazioni autentiche, belle e significative con gli altri.
Poi Gesù, quando lo rimette in piedi con la forza della Sua Parola gli raccomanda di fare attenzione a “non peccare più”, perché non gli accada di peggio. Le malattie del nostro corpo, infatti, non sono conseguenza diretta dei nostri peccati, come pensavano i giudei di quel tempo e come pensiamo anche noi talvolta, ma sono il segno di quanto la nostra vita sia impregnata di fragilità. E dunque la vera sventura che ci possa capitare non è tanto l’insorgenza, in qualche momento, di malattie fisiche più o meno gravi, ma il diventare prigionieri del male e di viverlo in solitudine.
Ma poi c’è l’altro tema nella Parola di oggi che non ci deve sfuggire, ed è la libertà che come credenti non dobbiamo mai perdere dinanzi alla Parola di Gesù. Quell’uomo viene rimproverato dai giudei perché compie un’azione che, a loro giudizio non era permessa in giorno di sabato: portava con sé, come gli aveva detto Gesù, il giaciglio sul quale era stato per tanti anni. E lui obbedisce alla parola di Gesù, senza nemmeno porsi il problema che in giorno di sabato quell’azione per sé non si poteva fare. Ricordiamo sempre, perciò, che la relazione con Dio non si basa su prescrizioni e divieti, ma sulla accoglienza gioiosa della sua parola liberante che ci guarisce dal male, quel male più profondo che è la propensione al male, e questo anche sfidando gli sguardi giudicanti di chi cammina con noi nello scorrere della vita,
E allora, carissimi, chiediamo sempre al Signore Gesù che ci doni di coltivare sempre un grande desiderio, quello di incontrarlo, attraverso la Sua Parola e i Suoi Sacramenti e, con la gioia che si rinnova ogni volta, sentirlo pronunciare rivolte a noi le parole che rivolgeva ai malati del vangelo, donandoci la guarigione dal male.

AMEN!