Domenica delle Palme e della Passione del Signore

05-04-2020

OMELIA

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

Andria, Santuario SS. Salvatore, 5 aprile 2020

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Carissimi,

per chi ha un minimo di sensibilità umana e non ha il cuore di pietra, leggere il racconto della Passione di Gesù, ci vengono i brividi al solo sentire quello che ha sofferto Gesù. Il Figlio di Dio ha provato il dolore umano e lo ha provato in tutte le sue variazioni. Il dolore fisico innanzitutto, la flagellazione, la coronazione di spine; poi il cammino verso il calvario con la pesante croce sulle spalle e poi i chiodi. Dunque il dolore fisico.
Ma ciò che ha fatto soffrire di più Gesù non è stato solo il dolore fisico, seppure terribile; ma, suppongo, il dolore interiore, quello che non si può misurare con nessuno strumento, la sofferenza, la tristezza di vedersi tradito da un amico, rinnegato dai suoi intimi, a cominciare da Pietro, che Lui aveva costituito il capo della Chiesa: “A te darò le chiavi” … Eppure proprio Pietro lo rinnega, e non una, ma tre volte. E addirittura la terza volta, dice il racconto, infastidito dell’insistenza delle serve e della gente che stava giù nel cortile, si mise a imprecare e a giurare di non aver mai conosciuto il suo Maestro. L’ha fatta proprio grossa Pietro!
Sofferenza della solitudine, proprio nel momento in cui, prevedendo quello che gli stava per succedere, ha chiesto ai suoi amici più cari un po’ di compagnia, a quei tre che aveva portato sulla montagna e che avevano partecipato all’esperienza della trasfigurazione e, quindi, dovevano essere i più preparati a quello che stava per accadere: “Vegliate, pregate, statemi vicino, non mi lasciate solo”. E invece quelli tranquillamente si addormentarono. E Gesù si ritrova, solo, terribilmente solo di fronte alla morte.
Sofferenza morale per essere stato insultato. Il racconto dice a un certo punto: “… gli sputarono addosso”. Ma cosa c’è di più insultante che sputare addosso a una persona?! Anche quello ha provato Gesù. E poi gli insulti, gli sfregi, ridevano di Lui, lo prendevano in giro: “Ha salvato gli altri…Perché non scende dalla croce? Allora, sì che gli crederemo”.
Ma proviamo solo ad immaginare: se Gesù avesse ceduto a questa tentazione, se fosse sceso dalla croce e si fosse divertito a punire tutti quelli che lo stavano maltrattando, avrebbe manifestato veramente il volto di Dio? Sì, ma di quale Dio? L’unico volto di Dio è quello di Gesù: il Crocifisso, che soffre tanto. I filosofi si sono accaniti a dimostrare che Dio è la somma perfezione, è l’assoluta completezza e invece Gesù dalla croce ci manifesta un Dio che soffre, un Dio che piange, che viene insultato e non si ribella, un Dio che viene rifiutato e non protesta. Che strano!
Di fronte alla Croce le nostre concezioni di Dio si rivelano inconsistenti; siamo obbligati a rientrare in noi stessi e a ri-considerare tutto daccapo. In quale Dio noi crediamo? Il Dio che vince, che stravince, che sottomette, che calpesta? Se crediamo in un dio così, allora siamo fuori posto, la Chiesa non è questa la nostra casa. Ma se crediamo nel Dio rivelatoci da Gesù Cristo, allora dobbiamo sapere che il nostro è un Dio che ci ama a tal punto da accettare, in silenzio, il rifiuto, la ribellione, l’insulto da parte delle creature.
Carissimi, entrando oggi nella Settimana Santa, la Grande Settimana, chiediamo al Signore Gesù che ci aiuti a comprendere il mistero della sua passione e della sua morte; ci aiuti a capire quello che in un attimo prodigiosamente hanno intuito ai piedi della croce “il centurione e quelli che con lui facevano la guardia”: “Davvero costui era il Figlio di Dio”. Che strano: gli amici rinnegano, tradiscono, fuggono; i pagani, invece, sono illuminati dalla fede: Quello che non hanno capito i discepoli, lo hanno capito gli estranei.
Che non accada oggi anche a noi di essere discepoli che continuano a non capire, a restare chiusi di fronte alla lezione che ci viene dalla cattedra della Croce del Signore, che è la lezione suprema di come e di quanto Dio ci ama follemente.